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DREAMLAND – AREA 51 (Articolo correlato)
Rachel, un villaggio sperduto nel deserto del Nevada. In un minuscolo locale conosciuto come “Little A Le Inn” c’è un viavai insolito per un borgo che non compare nemmeno sulle carte geografiche. In mezzo ai pochi allevatori locali si aggirano stranieri e curiosi giunti da tutto il mondo, muniti di telecamere e macchine fotografiche. Molte di queste persone non sono semplici turisti, sono ufologi sul piede di guerra. Già, perché non lontano da Rachel, in una porzione di deserto chiamata S4, si trova Dreamland, la terra dei sogni, o Area 51, la più segreta e misteriosa delle basi della Marina americana, un avamposto sotterraneo la cui esistenza è così custodita dal Pentagono, al punto che Dreamland non compare in nessuna delle mappe della zona. L’Area 51 ufficialmente non esiste, sebbene l’estesissima porzione di terreno che la compone sia sorvegliata da telecamere militari e sensori che rilevano il passaggio delle macchine, e l’intero perimetro sia recintato e circondato da cartelli minacciosi che avvisano che i militari spareranno a vista sui curiosi. “Dreamland – racconta l’ufologo Egidio Coelati-Rama – è zona off limits. É vietato sostarvi, transitare e, soprattutto, curiosare. Chi è sorpreso nella zona viene arrestato se non si allontana immediatamente. E questo perché a Dreamland vengono testati i più avveniristici aerei spia, come l’U2, l’aereo invisibile Stealth, il Blackbird e l’ipersonico Aurora. Se il grande pubblico è venuto a conoscenza dell’esistenza di questa base supersegreta lo si deve al fatto che, nel 1995, le mogli di due degli scienziati che vi lavoravano, e che erano morti misteriosamente, hanno fatto causa al governo federale ed hanno chiesto un risarcimento. La risposta del governo, però, è stata quanto meno singolare: i due tecnici non potevano essere morti nell’Area 51, perché l’Area 51 non esiste…”. Fra il 1995 ed il 1996 altri 39 tecnici sono rimasti contaminati dai gas tossici prodotti dal combustibile degli aerei top secret di Dreamland. E sebbene, dopo questo scandalo, i giornali di tutto il mondo hanno pubblicato diverse foto della zona, ripresa dai satelliti francesi e sovietici, il governo continua a negare l’esistenza dell’Area 51.
“L’ostinazione con cui il nostro governo cerca di nascondere l’esistenza della base, contro ogni evidenza, ha scatenato le più folli speculazioni”, dichiara Glenn Campbell, direttore del Secrecy Oversight Council, l’organismo che spia “da fuori” le attività della base. “Ce n’è abbastanza per attirare l’attenzione di chi vede cospirazioni dietro ogni angolo”, prosegue il nostro, che, dal 1992, si è accampato. Come nel caso del fisico Paul Bennewitz, che sostiene di avere intercettato via computer una comunicazione riservata tra la base ed i servizi segreti, in cui si sarebbe detto che a Dreamland, ed in altre tre basi sotterranee, vivono degli extraterrestri che conducono esperimenti sulla razza umana. “Mutilano animali e sequestrano persone – racconta Bennewitz – nel tentativo di creare un ibrido a metà strada fra l’umano e l’alieno, da impiantare sulla Terra. Hanno ricevuto il permesso di lavorare segretamente in queste basi direttamente dal nostro governo, in cambio di tecnologia aliena”.
“C’è un accordo segreto fra i piccoli Grigi – fa eco John Lear, un ex agente CIA – ed il governo americano. In pratica, il nostro governo ha venduto la Terra agli alieni, in cambio del segreto del funzionamento dei dischi volanti”. “Corbellerie. – risponde Coelati-Rama – Queste storie sono state fatte circolare apposta dai servizi di Intelligence USA per screditare l’ufologia, creando confusione fra i ricercatori, e per intimorire l’opinione pubblica, in modo da poterla dominare meglio. Guarda caso, grazie a queste storie il Pentagono ha avuto enormi fondi dal Congresso per la ricerca bellica e nucleare. Ciò non toglie che a Dreamland qualcosa di strano accada effettivamente”.
Nel 1990 il fisico Bob Lazar ammetteva pubblicamente di avere lavorato all’interno della base, su ordigni di origine non terrestre. “Agli inizi del 1989 – ha raccontato Lazar alla stampa – ebbi un incontro del tutto casuale con il dottor Edward Teller, quando lavoravo al Laboratorio Nazionale di Los Alamos, nel Nuovo Messico. Dopo quel colloquio, Teller mi raccomandò. Da anni era uno dei massimi dirigenti di un progetto nell’Area 51 e una persona raccomandata da lui era ritenuta molto affidabile… Il primo giorno che sono arrivato alla base ho avuto dei colloqui orientativi e mi è parso evidente che la tecnologia con cui avrei lavorato era qualcosa che la scienza convenzionale aveva appena iniziato a sfiorare. All’inizio, durante i primi colloqui, non mi venne mai detto specificatamente che avrei lavorato su dei dischi volanti, su scafi alieni recuperati da incidenti. Ufficialmente dovevo lavorare sulle tecniche avanzate di propulsione. Naturalmente quando iniziai a operare mi resi conto in cosa consistesse il progetto. Dovevo studiare l’origine dei velivoli, la razza e la tipologia di alieni che pilotavano i dischi, quali erano il loro aspetto e la loro struttura fisica in base ai rapporti delle autopsie.
Vedendo il materiale, compresi che non si trattava di un comune progetto di ricerca. Stavamo facendo un’operazione di ingegneria inversa: avevamo uno scafo alieno e dovevamo capirne il funzionamento. Avevamo il prodotto finito e dovevamo scoprire la tecnica di manifattura, quali leggi fisiche lo governassero. Fu chiaro, allora, su che cosa stavo lavorando… Vidi il velivolo, un grande disco, un tipico disco volante. Anche in quel frangente mi costrinsi a pensare: “Beh, questa ovviamente è una nuova creazione del governo, una sorta di oggetto volante sperimentale, forse un aereo da combattimento del futuro, il che spiega tutte le pazze voci sui dischi volanti. E noi dobbiamo provare questo apparecchio”…
Il momento più emozionante fu quando entrai nel disco e vidi l’interno del veicolo. Notai che l’equipaggiamento ed i posti di guida erano estremamente piccoli, costruiti per creature nane o per bambini. Naturalmente, questi ultimi non avevano il permesso di entrare nella base. Feci questa sciocca considerazione prima di capire effettivamente di cosa si trattava. Stiamo parlando di cose strane, di una tecnologia… che non dovrebbe esistere!
Le ricerche da eseguire su velivolo erano state suddivise in modo minuzioso. C’era un gruppo che si occupava esclusivamente dell’equipaggiamento per la navigazione, un altro che si occupava della metallurgia ed un terzo che lavorava sulla propulsione e sul sistema di spinta del veicolo…
La prima esperienza fu con un reattore antimateria alieno, un piatto di 18 pollici di diametro con una sfera sopra, contenente una scaglia dell’elemento 115, un elemento molto pesante ed altamente energetico, sconosciuto sulla Terra. Grazie a questo elemento era possibile viaggiare nello spazio. Il 115 creava un campo gravitazionale ed espelleva delle onde amplificate dalla parte bassa dell’apparecchiatura, poi trasformava il calore in energia elettrica, creando un campo gravitazionale che distorceva il tempo e lo spazio. In questo modo il disco poteva viaggiare nello spazio e nel tempo… Ero veramente stupito nel vedere queste cose, perché quella era veramente tecnologia aliena…”.
Lazar abbandonò Dreamland dopo pochi mesi. Il governo americano non ha mai fatto nulla per metterlo a tacere, sicuro che nessuno gli avrebbe mai creduto. E difatti le rivelazioni di Bob Lazar non sono state credute da molti ufologi, restii ad accettare che una razza aliena possa essere già tra noi, nascosta nelle viscere della Terra. Ciò nonostante, sebbene questo non provi nulla, sopra Dreamland gli avvistamenti di UFO – forse aerei militari del futuro – sono all’ordine del giorno ed attirano curiosi da tutto il pianeta. Cosa vi sia effettivamente nella base sotterranea è e resta un mistero. Anche per Tony Pelham, uno dei tantigiornalisti che, incuriositi dalle strane voci sull’Area 51, vi si è recato di nascosto, sperando di scoprire la verità. “Il deserto laggiù è pieno di militari in tuta mimetica. – racconta Pelham – Portano degli M16 e non hanno alcun cartellino di riconoscimento. Non sono dell’Aeronautica, non sono dell’Esercito, non hanno alcun genere di distintivo. E c’è mancato davvero poco che non mi arrestassero, una o due volte. Ho sentito le più strane teorie riguardo a questi uomini. Ma loro sfidavano me ed io sfidavo loro. Quando si avvicinavano e mi chiedevano: Cosa stai facendo qui? io rispondevo: Cosa state facendo voi qui, questo è territorio libero.
Stavo ronzando intorno ad una zona proibita. La mia opinione è che il governo nasconda qualcosa che è molto più protetto dello Stealth o dell’U2, qualcosa di clandestino. Non so se ci sia una base sotterranea aliena, non so se ci siano UFO o extraterrestri, so solo che hanno un apparato di sicurezza maggiore di quello che si vede abitualmente attorno a qualsiasi tipo di installazione militare e non capisco perché le guardie in uniforme non abbiano alcun distintivo. Quando ho chiesto loro: Siete dell’Aeronautica o dell’Esercito? non ho avuto risposta. Vi dicono solo di lasciare la zona. Alla fine mi hanno fermato e hanno chiamato il distretto di polizia della contea di Lincoln, in tre differenti occasioni. E ogni volta hanno riempito dei fogli su di me e mi hanno intimato di non avvicinarmi più alla zona.
L’ultima volta, con il pretesto che non avevo nulla da fare vicino ad una installazione militare. Io ho spiegato che non ero nemmeno ad un miglio dalla base, che mi trovavo su un territorio libero. Sei mesi dopo mi avvicinai a riprendere un blazer, uno dei loro furgoni senza scritte di riconoscimento. Non mi ero mai arrischiato troppo a ridosso della zona protetta. Al mio ritorno ad Alamo lo sceriffo chiese di vedermi, riempì una pila di documenti e, in modo molto formale, mi disse: Mister Pelham, questa è l’ultima volta che l’avvisiamo.
La prossima volta, e parlo a nome dei miei superiori, che lei ritorna su questa strada e si avvicina nuovamente alla base, va dritto in prigione!.
In un’occasione – prosegue Pelham – ho avuto una strana esperienza con delle luci che sembravano inizialmente essere lontane, ma che in pochi secondi furono sopra di me. Poco tempo dopo, mentre stavo tornando indietro, un blazer mi si avvicinò da una strada laterale, ne uscirono i militari in uniforme mimetica con i loro M16 e mi chiesero come mai stessi ritornando da un’installazione militare. Risposi che me ne stavo lì da solo, seduto nel deserto. Mi replicarono: A fare cosa? Sto guardando le luci. E loro: Quali strane luci, quali luci? Noi non vediamo nessuna luce…”.
Questo stesso atteggiamento è adottato dal governo, che a chi, foto alla mano, chiede di saperne di più, risponde che “non c’è nulla da sapere, perché Dreamland non esiste…”.
Questo articolo è stato riesumato dalla sezione Mistero di Enkey.it del 2005