Partendo dal principio su cui funzionano le stelle spiegato nello scorso articolo è facile capire a grandi linee la loro evoluzione: atomi di idrogeno si fondono in atomi di elio, atomi di elio si fonderanno poi in atomi di carbonio (6 protoni e sei neutroni) e così via fino al ferro (temperatura e massa permettendo), ma tutte le stelle sono destinate a morire in un modo più o meno spettacolare, le reazioni nucleari diventano sempre più incontrollabili fino a superare la forza di attrazione gravitazionale della stella, allora la stella si gonfia fino allo stadio di gigante rossa ed eventualmente esplode come una supernova (le nebulose, come quella da cui si è formato il sistema solare sono spesso resti di supernova).
Una gigante rossa è invece destinata a ricollassare dando origine a una nana bianca (stella piccola, ma densissima) da qui a seconda della massa può evolversi in una nana nera (stella spenta), in una stella di neutroni (pulsar dove protoni ed elettroni si fondono dando origine a neutroni, gira a grande velocità così che le sue radiazioni elettromagnetiche sembrano pulsare), oppure se la massa è sufficientemente elevata nasce un buco nero.
Il buco nero non è altro che una stella spenta tanto pesante che neanche la luce può fuggire poiché la velocità di fuga (velocità necessaria per sfuggire a un campo gravitazionale) e superiore alla velocità della luce. Ma allora se non si vede come sappiamo che il buco nero esiste? Lo capiamo osservando i fenomeni circostanti ossia quelli immediatamente al di fuori dell’orizzonte degli eventi (raggio entro il quale nulla sfugge a un buco nero) la materia attratta da un buco nero subisce il cosi detto effetto marea, la forza gravitazionale di un buco nero è infatti tanto forte che la differenza di accelerazione gravitazionale da un punto più vicino al buco nero rispetto ad un altro è tanta che un corpo solido finisce per “allungarsi” distorcendo la struttura atomica.
Sono gli elettroni più interni degli atomi ad essere coinvolti, queste reazioni fanno disperdere l’energia acquistata da questi elettroni per effetto marea, sotto forma di raggi x (altre onde elettromagnetiche di frequenza superiore a quella del visibile), grazie ai radio telescopi noi possiamo individuare tali raggi e deduciamo che in prossimità di questi si trova un buco nero.
Autore: Alberto Carboni