La conferma della teoria della relatività. Un nuovo modo di studiare l’universo, i buchi neri e il tessuto dello spazio-tempo. L’importante contributo italiano.
Alle 10,50 e 45 secondi (ora italiana) del 14 settembre 2015 i due strumenti dell’esperimento Ligo negli Stati Uniti (nello Stato di Washington e in Louisiana) hanno registrato un dato anomalo. Sono iniziate subito le conferme per avere la sicurezza. E alle 16,30 a Pisa (qualche minuto prima della conferenza stampa gemella a Washington) l’annuncio ufficiale della scoperta delle onde gravitazionali.
L’osservazione
Le onde gravitazionali rivelate sono state prodotte nell’ultima frazione di secondo del processo di fusione di due buchi neri, di massa equivalente a circa 29 e 36 masse solari, in un unico buco nero ruotante più massiccio di circa 62 masse solari: le tre masse solari mancanti al totale della somma equivalgono all’energia emessa durante il processo di fusione dei due buchi neri, sotto forma di onde gravitazionali. I due buchi neri, prima di fondersi hanno percorso una traiettoria a spirale per poi scontrarsi a una velocità di circa 150 mila chilometri al secondo, la metà della velocità della luce. L’osservazione conferma anche l’esistenza di sistemi binari di buchi neri di massa stellare, in particolare aventi massa maggiore di 25 masse solari. Il processo di fusione dei due buchi neri responsabile delle onde gravitazionali rivelate è un evento accaduto a 410 megaparsec da noi, e risale quindi a quasi un miliardo e mezzo di anni fa.
«Questo risultato rappresenta una pietra miliare nella storia della fisica, ma ancor più è l’inizio di un nuovo capitolo per l’astrofisica», ha commentato Fulvio Ricci, professore all’Università La Sapienza di Roma ricercatore dell’Infn che coordina la collaborazione internazionale Virgo. «Osservare il cosmo attraverso le onde gravitazionali cambia radicalmente le nostre possibilità di studiarlo: finora è come se lo avessimo guardato attraverso radiografie, mentre adesso siamo in grado di fare l’ecografia del nostro universo». «Finalmente possiamo osservare l’universo con occhi diversi», ha aggiunto Pia Astone, ricercatrice dell’Infn curato la redazione dell’articolo scientifico sulla scoperta assieme ad altri cinque colleghi di Virgo e Ligo pubblicato su Phisycs Reviews Letters . «Non è un caso, infatti, che la prima misura diretta di ampiezza e fase delle onde gravitazionali sia stata accompagnata da un’altra importante scoperta, quella della fusione di un sistema binario di buchi neri».
Le onde gravitazionali sono come piccole increspature del tessuto dello spazio-tempo che permea tutto l’universo. Secondo Einstein la gravità stessa è dovuta alla curvatura dello spazio-tempo causata dalla massa. Le onde gravitazionali sono prodotte dal movimento di corpi dotati di massa nello spazio-tempo. Più gli eventi sono colossali ed emettono straordinarie quantità di energia, come il Big Bang stesso, lo scontro tra due buchi neri, la «danza» di avvicinamento di due stelle di neutroni che ruotano rapidamente (pulsar), maggiore è la grandezza delle onde gravitazionali e quindi – in teoria – è più facile captarle. Solo che finora con gli strumenti a nostra disposizione risultava praticamente impossibile riuscire a decifrarle perché noi stessi e gli strumenti siamo immersi a nostra volta nello spazio-tempo e veniamo coinvolti dalle sue oscillazioni.
La scoperta dell’esistenza delle onde gravitazionali non è solo (l’ennesima) conferma sperimentale della validità della teoria di Einstein, ma rivoluziona e amplia il mondo della fisica e della ricerca cosmologica. Per esempio finora lo studio del cosmo è stato realizzato solo attraverso i segnali emessi da stelle e galassie nello spettro elettromagnetico (luce visibile, raggi X e gamma, infrarossi, ultravioletti, onde radio di varia lunghezza d’onda). L’esistenza delle onde gravitazionali apre un mondo nuovo: la possibilità di studiare l’universo (e i misteriosi buchi neri) in modo completamente differente. Oltre che «vederlo», saremo in grado anche di «sentirlo» nella sua essenza più fondamentale, lo spazio-tempo, due elementi che, secondo Einstein, sono una cosa sola. E capire come e perché l’universo non solo si espande, ma sta addirittura accelerando la sua velocità di ampliamento. E c’è chi ipotizza scenari che sfiorano la fantascienza: la verifica dell’esistenza di tunnel spazio-temporali (wormhole in inglese) nelle vicinanze dei buchi neri che potrebbero mettere in relazione parti distanti dell’universo o addirittura universi diversi dal nostro. Infine arrivare alla soluzione dei componenti di base dello spazio-tempo secondo la teoria della meccanica quantistica, ancora divisa tra «stringhe», «brane» o «anelli» (loop). «Questo risultato rappresenta un regalo speciale per il centesimo anniversario della relatività generale», ha concluso Fernando Ferroni, presidente dell’Infn. «È il sigillo finale sulla meravigliosa teoria che ci ha lasciato il genio di Einstein ed è anche una scoperta che premia il gruppo di scienziati che ha perseguito questa ricerca per decenni alla quale l’Italia ha dato un grande contributo».
Gli osservatori Ligo hanno registrato l’arrivo delle onde gravitazionali lo scorso 14 settembre con un interferenza durata solo 10 millesimi di secondo. La scoperta parla infatti anche italiano. Ricercatori dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) hanno preso parte all’esperimento e l’Infn organizza la conferenza stampa a Pisa presso i laboratori dello European Gravitational Observatory (Ego) dove ha sede anche Virgo, l’esperimento italiano che ha collaborato col suo omologo americano (Ligo). A Washington presso il National Press Club l’annuncio è organizzato dalla National Science Foundation, dal Massachusetts Institute of Technology (Mit) e dal Laser Interferometer Gravitational Wave Observatory (Ligo). Inoltre la rivista Phisycs Reviews Letters ha pubblicato uno studio scientifico sul tema.
Se, come si è detto, si è immersi nello spazio-tempo, come si è stati in grado di captare le onde gravitazionali? I due esperimenti (Ligo e Virgo) sono in pratica due enormi tubi lunghi rispettivamente 4 e 3 chilometri disposti a L, cioè perpendicolari l’uno all’altro. In ognuno di questi tubi c’è un raggio laser che viene riflesso una cinquantina di volta da particolari specchi così da allungarne il percorso. Se passa un’onda gravitazionale, essa dilata lo spazio in una direzione (uno dei tubi) e lo accorcia nella direzione ortogonale alla prima (per una lunghezza di miliardesimi di miliardesimi di miliardesimi di metro). Allungando lo spazio, la luce laser quindi impiega più tempo per attraversare uno dei due bracci di Virgo o di Ligo, mentre ne impiega di meno nel braccio ortogonale dove lo spazio si è ristretto. Analizzando con precisione estrema i tempi di anticipo e di ritardo (ed eliminando qualsiasi tipo di disturbo), si riesce a captare l’onda gravitazionale. Semplice a dirsi, chi riesce nell’impresa si porta a casa il Nobel.