Sono pesanti le accuse mosse da Google in questi giorni nei confronti di Uber, in quanto, secondo quanto detto, Anthony Lewandosky, ex dipendente Google ora in Uber, si sarebbe appropriato illegalmente della tecnologia che riguarda la guida automatica.
Proprio per questo Google, o meglio Waymo, la startup di Alphabet dedicata proprio al progetto riguardante la guida automatica, ha citato in giudizio Uber che dovrà rispondere all’accusa di aver sottratto, in modo illecito, informazioni basilari per lo sviluppo di una tecnologia simile a quella da loro proposta.
I numeri
A quanto pare Google e Waymo non si fermeranno e andranno fino in fondo in questa intricata faccenda.
In effetti, i numeri parlano chiaro e denotano, nel caso in cui le accuse vengano confermate, un’operazione decisamente scorretta e punibile a norma di legge.
Anthony Lewandosky, infatti, è accusato di aver scaricato, in maniera illecita, oltre 14mila documenti riservati riguardanti la tecnologia denominata “Lidar”.
Questi preziosi dati sarebbero poi stati rielaborati e utilizzati per la presentazione di un’altra startup dedicata alla guida automatica di mezzi pesanti e denominata Otto.
Lo stesso Lewandosky, dopo l’acquisto di Otto da parte di Uber per 680 milioni di dollari, sarebbe poi stato messo alla guida di questa operazione, all’apparenza, decisamente innovativa.
La causa
La delicata causa tra Google/Waymo e Uber è stata presentata in California al Nothern District e l’accusa ufficiale per Uber appunto, è di violazione di brevetto, reato considerato decisamente molto grave.
Waymo ha riportato nero su bianco le accuse dichiarando che, per lo sviluppo della tecnologia relativa alle auto senza pilota, sono stati necessari ben 7 anni di duro lavoro e cospicui investimenti e che i risultati ottenuti da Uber sono solo i frutti di un palese furto.
Google è stata, infatti, la prima società ad interessarsi allo sviluppo di auto completamente autonome che garantissero la possibilità, agli automobilisti, di percorrere anche lunghi tragitti senza il minimo sforzo ed in totale sicurezza.
La risposta di Uber e i possibili danni
Dopo le accuse mosse da Waymo, naturalmente, non ha tardato ad arrivare la risposta di Uber, volta a calmare le acque nei confronti dell’enorme polverone mediatico alzatosi intorno a questo caso così delicato.
Un portavoce di Uber ha, infatti dichiarato: “Prendiamo molto seriamente le accuse mosse contro Otto e i dipendenti Uber e approfondiremo attentamente la questione”.
Una risposta che, tutto sommato, non lascia intendere chiaramente, quale sia la posizione presa da Uber e se il caso sia da considerare un puro errore o un qualcosa di più serio.
In ogni caso, secondo quanto dichiarato da alcuni esperti, un’eventuale condanna non rappresenterebbe per Uber un danno eccessivamente alto.
I guadagni ricavati grazie allo sviluppo della tecnologia per la guida automatica, infatti, sarebbero di gran lunga maggiori rispetto ad una possibile somma da devolvere come risarcimento danni.
Tuttavia, c’è da riconoscere quanto questa vicenda, non proprio felice, contribuisca a macchiare, ancora di più, la reputazione non proprio candida di Uber, la quale, si è vista coinvolta nello scandalo legato alle presunte discriminazioni e molestie sessuali avvenute in azienda, per le quali è stata istituita una commissione interna apposita, al fine di fare chiarezza sull’accaduto.
Il futuro dell’automazione
Al di la delle vicende che hanno visto coinvolte Waymo e Uber, il futuro dell’automazione sembra presentare prospettive decisamente molto interessanti.
Superati alcuni ostacoli ancora da perfezionare, come ad esempio, la sicurezza che un intelligenza artificiale può garantire agli automobilisti, le vetture senza pilota saranno probabilmente una delle tecnologie più diffuse della prossima generazione.
Che sia grazie a Waymo o a Uber, il futuro regalerà, senza dubbio, apparecchi che, fino al decennio scorso, potevano essere considerati pura fantascienza.