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La risposta a questa domanda ha un valore differente a seconda del soggetto preso in considerazione. L’Europa registra un record senza precedenti per quanto concerne gli investimenti in tecnologia, mentre l’Italia si conferma fanalino di coda arrancando nella scalata verso il futuro.
Il 2017 ha registrato numeri da capogiro a livello europeo per gli investimenti in tecnologia: ben 19 miliardi di Euro in ambito start-up, con un aumento dell’occupazione di tre volte in più rispetto agli altri settori dell’economia e un totale di 5,5 milioni di sviluppatori contro i 4,4 degli Usa. Un dato, quest’ultimo, davvero impressionante se si considera il rapporto tra il numero di abitanti degli Stati Uniti e quelli in Europa.
L’Europa sorpassa gli USA
L’Europa ha fatto un balzo in avanti considerevole se si pensa che nel corso del 2016 gli investimenti si erano fermati a quota 14 miliardi di dollari.
Quest’anno circa 2000 investitori statunitensi hanno fatto almeno un accordo in Europa, più del doppio rispetto al 2012, e i venture capitalist asiatici hanno versato ben $1,8 miliardi in società europee tecnologiche.
I settori preferiti per gli investimenti in innovazione?
- Intelligenza artificiale – 4,6 miliari di dollari
- Software – 4 miliardi di dollari
- Hardware manufacturing – 2,9 miliardi di dollari
- Internet delle cose (IoT) – 2,3 miliardi di dollari
Insomma, un successo su più fronti. Ma non per tutti…
La classifica dei paesi europei vede al primo posto la Gran Bretagna, seguita da Germania e Francia. L’Italia, purtroppo, si classifica solo quattordicesima nella classifica generale. Alcune eccellenze tricolori, comunque, si fanno sentire: Milano, importante centro di innovazione a livello nazionale, è addirittura 10° nella classifica degli hub europei delle start-up mentre spiccano Londra, Berlino e Barcellona.
La situazione malconcia dell’Italia è legata, del resto, all’approccio dei suoi cittadini verso le nuove tecnologie.
Secondo l’ultimo rapporto Agi-Censis, gli italiani si dividono tra chi ha voglia di futuro e chi invece ha paura delle conseguenze dell’innovazione e del digitale. Dunque le nuove tecnologie sono viste sia come un’opportunità, sia come una minaccia. C’è il pensiero diffuso che l’intelligenza artificiale e l’automazione porteranno via posti di lavoro ai cittadini, producendo divari sociali ancora più ampi di quelli odierni.
L’impatto della tecnologia sull’economia, negli ultimi vent’anni, è stato positivo, secondo il 57,9% degli intervistati. Mentre dal 20,3% viene sottolineato un sostanziale equilibrio tra i benefici apportati e i problemi generati dall’innovazione su lavoro e società. Il 14,2% si dice invece totalmente entusiasta, e il 7,3% nostalgico del passato, notando più problemi che benefici. Per il 51,4% i processi di innovazione hanno prodotto nuovi divari sociali, mentre il 47,8% è convinto che abbiano contribuito a ridurli.
Il Belpaese in caduta libera
Una generale sfiducia da parte degli intervistati a proposito delle capacità dell’Italia nel tenere il passo degli altri Paesi europei. Solo il 9,8% degli italiani ritiene che il gap cumulato in passato si sia ridotto negli ultimi anni. Mentre il 15,3% ritiene che l’Italia stia sprofondando tra gli Stati più arretrati del Vecchio continente.
Ben il 70% della popolazione ritiene che i servizi online siano un utile mezzo per risparmiare, ma quando si tratta di usare questi servizi come opportunità per integrare il reddito familiare, o costruirci un’attività imprenditoriale, la percentuale scende di molto, rispettivamente al 55,2% e 52,5%.
Anche l’utilizzo della rete internet da parte degli utenti italiani rappresenta un tasto dolente: si stima, infatti, che siano oltre 3 milioni gli italiani, dai 18 agli 80 anni, che si sono connessi molto raramente alla rete, utilizzando marginalmente tutti i servizi e le opportunità che il digitale mette a disposizione.
Insomma risulta necessario un bello scossone, prima ancora che sull’azioni sulla nostra convinzione di poter crescere grazie alla tecnologia.