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La singolarità è il momento in cui l’essere umano non sarà più la razza più intelligente del pianeta, soppiantata dalla tecnologia, la quale in quel preciso momento taglierà il cordone che la tiene fortemente vincolata alla mente umana, divenendo autonoma e capace di un’evoluzione propria. Con l’avvento delle intelligenze artificiali sempre più complesse questo momento è ogni giorno più vicino.
Una teoria vecchia di 60 anni
Anche se il boom tecnologico, soprattutto in campo di intelligenze artificiali, lo abbiamo visto concretamente in particolar modo negli ultimi anni, e la teoria della singolarità tecnologica si è espansa nel quotidiano di pari passo, questa non è proprio così recente come si potrebbe pensare. Essa, infatti, risale alla fine degli anni ’50, estrapolata dalle parole di Stainslaw Ulam, matematico polacco, impegnato nel campo del nucleare: “Una conversazione centrata sul sempre accelerante progresso della tecnologia e del cambiamento nei modi di vita degli esseri umani, che dà l’apparenza di avvicinarsi di qualche fondamentale singolarità della storia della razza oltre la quale, gli affanni degli esseri umani, come li conosciamo, non possono continuare”. Un concetto, tuttavia, decisamente più chiaro e spiazzante nel racconto di Frederic Brown, di quattro anni prima, dove immaginava la costruzione di un supercomputer galattico il quale, subito dopo l’accensione, alla domanda “Esiste Dio?”, risponde “Ora sì”.
Quanto siamo vicini alla singolarità tecnologica?
Ad oggi, 64 anni dopo che la singolarità tecnologica iniziava ad insidiarsi nelle menti degli esseri umani, la domanda non è più se tale teoria è fondata, ma quanto vicini siamo ad essa. Secondo Ray Kurzweil, ingegnere capo di Google ed autore di diversi libri sull’argomento, siamo davvero molto vicini, poco più di un decennio, dato che lui stesso ha fissato la data per l’anno 2029. Ray Kurzweil non è nuovo in ambito di “profezie”, le quali si sono rivelate corrette nel 86% dei casi. Secondo il suo punto di vista, la singolarità tecnologica avrà luogo nel momento in cui verranno create intelligenze artificiali auto-miglioranti. Nel frattempo tutto il campo della tecnologia progredirà così velocemente che i normali esseri umani non saranno in grado di tenerne il passo, rimanendone tagliati fuori e apportando profondi cambiamenti nella storia dell’uomo. I normali esseri umani rimarranno indietro, surclassati da intelligenze artificiali con potenzialità infinite e umani migliorati ciberneticamente. Uno scenario che si prospetta apocalittico, eppure, lo stesso Kurzweil ci tranquillizza, secondo lui non ci sarà da preoccuparsi, la singolarità tecnologica non segnerà la fine della razza umana, ma la cambierà. Un’altra sua teoria, infatti, afferma che entro il 2030 non saremmo più solamente umani, ma ibridi, collegando le nostre menti al “cloud”.
La singolarità tecnologica apocalittica
Se da una parte Ray Kurzweil sembra essere sicuro di una singolarità tecnologica integrante tra le razze, dall’altra in molti temono uno scenario decisamente più apocalittico. Sono diversi, infatti, quelli che ritengono che dobbiamo stare attenti ad un’apocalisse tecnologica, come il compianto Stephen Hawking, Bill Gates ed Elon Musk. Proprio quest’ultimo, infatti, avrebbe stilato delle regole per evitare che le IA ci annientino, cosa che fa molto Isaac Azimov. Musk sembra, infatti, essere terrorizzato dall’avvento di IA senzienti, “Continuo a suonare il campanello d’allarme”, dice, “ma fino a quando la gente non vedrà i robot percorrere le strade uccidendo persone, non sapranno come reagire, perché sembra tutto così etereo e distante”. Anche se molti dei suoi colleghi sostengono che a spaventare non dovranno essere i robot in sé, ma l’uso che l’uomo potrebbe farne. Si pensano infatti ad eserciti di cyborg guidati dalla mente umana, privi di leggi e programmati per annientare le file nemiche.
Speriamo che tra tutti gli scenari quello che si rivelerà corretto non sarà, quindi, uno di quest’ultimi, e d’altronde, qualsiasi sia il nostro pensiero a riguardo, non ci resta che attendere una manciata d’anni per scoprirlo.
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