“Vi porterò su Marte: mancano solo 12 anni per mandarci la prima persona. Se siamo bravi, forse dieci. E lì creerò una città, perché bisogna garantire la sopravvivenza della nostra specie, nel caso qualcosa vada storto sulla Terra”, sono le parole di Elon Musk. E d’altronde non è l’unico a temere per la continuazione della specie, su di un pianeta ad un passo dal punto di non ritorno, proprio a causa della razza umana. Ma se è vero che presto diventeremo una specie multi planetaria, cosa mangeremo tra le stelle? Come saranno le coltivazioni extraterrestri? Si può davvero coltivare fuori dall’atmosfera terrestre?
Come “The Martian”
Come abbiamo avuto modo di vedere nel film “The Martian”, riuscire a coltivare qualcosa sull’arida ed inospitale sabbia marziana, non è del tutto impossibile. Gli esperti stanno, infatti, studiando quali saranno gli alimenti che i primi uomini a mettere piede su Marte potranno piantare, e, come nei pronostici hollywoodiani, saranno patate. Ma non solo, oltre al tubero si potrà piantare riso, grano e soia. Il progetto, portato avanti dall’Agenzia Spaziale Italiana e dall’Agenzia Spaziale Europea, lavora da anni per selezionare le colture più adatte, sviluppare i metodi di coltivazione, raccolto e conservazione. È stato preventivato che il tipo di agricoltura che si andrà a svolgere sul suolo marziano sarà molto simile a quello terrestre, in quanto, a differenza degli esperimenti portati avanti sulle stazioni orbitanti, lì c’è gravità, anche se è solo il 40% di quella terrestre. Il problema grande sorgerà nel rendere fertile lo sterile suolo del pianeta. Con molta probabilità il problema sarà ovviato concimando il terreno con residui organici, scarti alimentari, gli stessi scarti provenienti dall’agricoltura ed addirittura escrementi umani. Tutto, quindi, esattamente come abbiamo visto al cinema.
I primi esperimenti
Quelle che sono solo teorie, però, richiedono delle prove tangibili, è così che per non partire alla cieca, assieme a moltissimi altri test che preparano l’uomo al prossimo viaggio verso Marte, sono state tentate anche le prime “coltivazioni extraterrestri”. Per l’esperimento la NASA ha realizzato un terreno simile a quello marziano, utilizzando dei campioni di suolo vulcanico delle Hawaii. Sono state piantate 14 diverse varietà di vegetali, nel terreno privo di sostanze organiche. Le aspettative non erano molto rosee, si pensava infatti che l’esperimento sarebbe fallito e che si sarebbero dovute trovare soluzioni alternative, ed invece è stato un successo. In particolare, a passare il test a pieni voti, sono state cinque varietà: pomodoro, segale, crescione inglese, senape selvatica ed una varietà di pianta selvatica. In particolare il crescione e la senape, oltre a fiorire, hanno addirittura prodotto semi.
Pomodori ed insalate a gravità zero
La coltura idroponica è un tipo di coltivazione sperimentale per permettere agli astronauti a bordo della ISS di produrre vegetali a gravità zero. Questo tipo di coltura prevede l’utilizzo di un substrato di argilla, al posto della terra, e poi solo acqua e sostanze nutritive. L’italiano laboratorio di biotecnologie ENEA, porta a bordo della stazione spaziale internazionale una specie di pomodoro, il Micro-Tom, in grado di crescere e svilupparsi in condizioni estreme.
Veggie, invece, è un prototipo di orto tecnologico spaziale, spedito dalla NASA agli abitanti della stazione, permettendo loro di coltivare il loro personale orto con lattuga, ravanelli, bietole e piselli. I benefici del riuscire a coltivare vegetali a bordo delle stazioni orbitanti sono innumerevoli. Infatti, oltre alle proprietà nutrienti, le piante hanno funzioni antiossidanti e antimicrobiotiche, migliorando le difese immunitarie ed apportando benefici farmaceutici. Inoltre, importantissimo è anche l’habitat che esse creano grazie alla fotosintesi, catturando l’anidride carbonica e rilasciando ossigeno, creano un ambiente decisamente più salutare ed un piccolo ecosistema spaziale.
Da questo punto di vista, siamo quindi pronti alla colonizzazione spaziale.
This post is also available in: