Una delle cose più stupefacenti dell’universo è il concetto che più lontano riusciamo a guardare più indietro nel tempo torniamo. Pensiamo, infatti, come questo fenomeno avviene nel nostro piccolo ogni giorno, quando ammiriamo il sole, quella è la luce del passato, esattamente di 8,33 minuti fa. Allo stesso modo se qualcuno da una galassia distante 65 milioni di anni luce stesse osservando il pianeta Terra vedrebbe i dinosauri. È così che il telescopio Alma ha avvistato l’ossigeno più antico dell’universo, nella galassia Macs1149-jd1, distante 13,3 miliardi di anni luce.
L’universo neonato
La scoperta della presenza di ossigeno nella lontanissima galassia Macs1149-jd1 indica che, ad appena 500 milioni di anni dal Big Bang, queste stelle erano già formate e avevano già espulso ossigeno, riuscendo a collocarne la data di nascita ad appena 250 milioni di anni dopo la nascita dell’universo. Determinare la nascita della galassia Macs1149-dj1 attorno a questa data, ha fatto di lei la più antica mai osservata ed ha sollevato nuovi dubbi su quell’era dell’universo denominata “alba cosmica”. Inoltre, l’uomo non era mai riuscito ad andare così indietro nel tempo, siamo quasi giunti ad osservare l’inizio stesso dell’universo. “Determinare l’inizio dell’alba cosmica”, spiega Richard Ellis, astronomo all’Ucl di Londra, “è un Sacro Graal della cosmologia e della formazione delle galassie. Con queste nuove osservazioni di Macs1149-dj1 stiamo avvicinandoci all’osservazione diretta della nascita della luce stellare. Poiché siamo tutti fatti di materia prodotta dalle stelle, questo significa trovare veramente le nostre origini”.
Il primo ossigeno
All’inizio nell’universo non esisteva l’ossigeno, ma era prevalentemente formato da idrogeno ed elio, ed è proprio da questi due gas che si sono formate le prime stelle, le quali erano molto diverse ed estremamente più massicce di quelle attuali. Dopodiché, il primo ossigeno è stato liberato nello spazio, a causa delle fusioni nucleari avvenute sulle stelle morenti. L’ossigeno rilasciato, alla luce delle prime stelle, composte da elio ed idrogeno, appare fluorescente. È proprio così che è stato scoperto il più antico ossigeno dell’universo, nella lontanissima galassia Macs1149-jd1. Inoltre, si presume che le stelle osservate nella galassia siano state generate in due fasi distinte. Nel primo boom stellare, appena 250 milioni di anni dopo la nascita dell’universo, si sono formate le prime stelle, le quali hanno allontanato i gas dalla galassia, impedendo la formazione di nuove stelle per un certo periodo di tempo. Dopodiché i gas sono ricaduti nella galassia generando un secondo boom che ha dato vita ad una nuova generazione di stelle che illuminò l’ossigeno, osservabile oggi attraverso il telescopio Alma. È incredibile come tutto ciò sia accaduto solamente 500 milioni di anni dopo la nascita dell’universo. Questa galassia apre, quindi, le frontiere per un’esplorazione della storia cosmica in una era, fino ad oggi, totalmente inesplorata.
Lavoro di squadra
La scoperta, pubblicata su “Nature”, è da attribuire ad una collaborazione internazionale, senza la quale ogni singolo team non avrebbe potuto giungere alle conclusioni. I primi ad individuare la presenza di ossigeno nella galassia Macs1149-dj1 sono stati gli astronomi dell’Oasaka Sangyo University, in Giappone, ma solo il team dell’University College of London ha potuto stimare l’esatta distanza, fissata a 13,28 miliardi di anni luce. “Ero elettrizzato nel vedere il segnale di quest’ossigeno distante”, confessa Hashimoto, capo del team giapponese, “La scoperta spinge più indietro le frontiere dell’universo osservabile”. Entrambi si sono serviti dei migliori strumenti del pianeta, solo grazie al radio osservatorio ALMA e al Very Large Telescope dell’ESO, infatti, è stato possibile osservare così lontano e così indietro nel tempo. Infine, per ricostruire la storia della galassia e datare la formazione delle prime stelle, ci sono voluti i dati dei telescopi Hubble e Spitzer. Un salto indietro nel tempo, quindi, che ci porta avanti in una nuova era nello studio dell’alba cosmica.
This post is also available in: