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I videogiochi attraverso le nuove tecnologie digitali sono sempre più reali e avvolgenti. Molte persone ormai non possono fare a meno di qualche partita giornaliera al proprio videogame preferito. In media ognuno di noi in casa ha almeno una console: i videogiochi sono parte della nostra quotidianità. Grazie alle nuove tecnologie 3D e ad alta definizione, giocare ad un videogioco è diventato un’esperienza in cui si perde il senso del tempo. Adesso, il videogioco più estremo è Nevermind: il videogioco che percepisce i nostri sentimenti.
I videogiochi hanno sempre avuto la capacità di influenzare i bioritmi di un giocatore, ma ora vengono creati, come Nevermind, giochi che hanno lo scopo di leggere le reazioni fisiologiche del gamer per poter adattarsi di conseguenza e riuscire al meglio.
La tecnologia biofeedback in un videogame
Nevermind è un videogame horror all’avanguardia creato dalla Flying Mollusk. Nevermind in particolare nasce dalla mente della giovane Erin Reynolds. Mentre esplori labirinti surreali, cammini in stanza tetre e risolvi i puzzle logici, un sensore di biofeedback monitora quanto sei spaventato e ansioso in ogni istante.
Il biofeedback è il processo di misurazione degli stati fisiologici emotivi di un individuo e fornisce tali informazioni al videogame per aiutarlo ad acquisire consapevolezza e controllo della persona.
Il biofeedback, a prescindere dalla sua applicazione inconsueta ad un videogame, ha una lunga storia nella letteratura scientifica e ha già dimostrato di essere efficace come trattamento per una grande varietà di problemi fisici, oltre che di salute mentale inclusi stress e ansia. Sono proprio questi ultimi aspetti, il punto forte per Nevermind.
Il videogioco horror che sa quando hai paura
Come è stato possibile applicare la tecnologia biofeeedback ad un videogame? Attraverso una webcam di tipo standard (riconoscimento facciale) e dei sensori per la frequenza cardiaca. In questo modo Nevermind rileverà i segnali di ansia di stress e si modificherà di conseguenza, diventando sempre più soggettivo e intrigante.
Nevermind regala al giocatore un’esperienza sempre più surreale e orribile, leggendo la sua mente e conoscendo quali sono gli elementi che scaturiscono reazioni di stress e ansia. Per garantire che l’esperienza del gioco fosse davvero terrificante, i creatori hanno testato il gioco più e più volte.
“Abbiamo dovuto inventare modi creativi per manipolare le nostre frequenze cardiache”, dichiara McFadden, che ha aiutato durante il processo di sviluppo del gioco.
Il risultato finale è un gioco completamente diverso dai soliti giochi horror poiché non si limita a far leva sulla percezione distorta della realtà del gamer a causa della paura, ma ne approfondisce i suoi sentimenti contestualizzandola.
Dissolvi la barriera tra la paura nel gioco e paura reale
Se ti lasci andare alle tue paure, il gioco diventa più difficile. Se sei in grado di calmarti di fronte al terrore, il gioco sarà più semplice. Apparentemente Nevermind può dare l’idea di una sorta di autolesionismo, di una sottomissione alle proprie ansie, ma infondo è tutt’altro.
Erin Reynolds nella creazione del gioco puntava a un biofeedback che potesse regalare un’esperienza horror che solo alcuni giochi permettono di provare. L’idea di base di Erin Reynolds è smentire la concezione che i videogame siano dannosi alla nostra salute mentale ma che invece possono essere utili perfino a migliorare la propria condizione psicologica e sociale.
L’obiettivo di Nevermind è quello di creare un’esperienza di gioco indimenticabile che insegna ai giocatori come essere più consapevoli delle loro reazioni interne a situazioni stressanti. “Un gioco che mi ha ispirato è Dance Dance Revolution, mi piace molto e mi ha insegnato che l’esercizio fisico può anche essere divertente“, spiega Reynolds.
Il concetto di applicazione è lo stesso, tramite i videogiochi si può fare attività fisica, perché non fortificare anche la mente e le nostre paure?
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