Sapere che due piccoli robot ora saltellano allegramente su a un asteroide senza quasi gravità, rende idea del processo scientifico-tecnologico che ha caratterizzato il nostro decennio.
Abbiamo ottenuto le prime foto scattate dallo spazio dell’asteroide Ryugu. Le immagini sono state riprese da due piccoli robot giapponesi della missione Hayabusa 2, mentre atterravano sull’asteroide stesso.
I due robot Minerva
I robot in questione sono robot Minerva (MIcro Nano Experimental Robot Vehicle per Asteroid) della missione dell’Agenzia Spaziale Giapponese (Jaxa). Essi hanno toccato l’asteroide Ryugu dopo essere stati liberati dalla sonda Hayabusa 2 a 55 metri di distanza.
I due robot pesano 1,1 chilogrammi, hanno una forma cilindrica e sono alti solo 7 cm. Questi ultimi trasportano fotocamere, termometri e altri macchinari sofisticati utili per analizzare la superficie di Ryugu.
I robot Minerva provengono dalla navicella spaziale giapponese Hayabusa 2. La navicella giapponese Hayabusa 2 è un veicolo da 609 kg ed è uscita dalla sua orbita attorno alla stazione per 20 km e lì ha lanciato i due minirobot.
L’asteroide Ryugu
Scoperto nel 1999 dagli astronomi del Nuovo Messico, Ryugu è un asteroide vicino alla Terra che orbita attorno al Sole ogni 16 mesi. L’asteroide si trova approssimativamente tra le orbite della Terra e di Marte. Ryugu misura circa 920 metri e la relativa vicinanza alla Terra lo rende un buon candidato per una missione di campionamento.
Gli scienziati delle missioni spaziali giapponesi ritengono che i robot siano stati lanciati con successo, ma che non siano completamente al sicuro. La comunicazione con i due robot si è fermata proprio al momento del tocco con l’asteroide.
Ciò è probabilmente dovuto al fatto che la rotazione di Ryugu ha allontanato i robot dal veicolo spaziale Hayabusa 2, compromettendone così la comunicazione. Gli scienziati non sapranno il motivo dell’interruzione di comunicazioni fin quando non tenteranno di scaricare e analizzare le immagini dai robot.
Hayabusa 2: le missioni della navicella
La Hayabusa 2 è partita dalla Terra nel novembre 2014, a bordo di un razzo giapponese H-IIA, ed è arrivata nelle vicinanze di Ryugu nel giugno di quest’anno. La nuova missione sarà in corso per il resto di quest’anno e quasi di tutto il 2019. Oltre al tentativo di atterraggio dei robot, già portato a termine, ci sono altri step ovvero altre missioni da completare.
La navicella spaziale tenterà anche di campionare l’asteroide e riportare parte del suo materiale sulla Terra. Per ottenere un campione del suolo di Ryugu, la navicella deve sparare un proiettile da 10 millimetri con una massa di 5 grammi nella superficie dell’asteroide.
Questa operazione dovrebbe creare un piccolo cratere e, circa due settimane dopo, permettere alla navicella Hayabusa 2 di tornare e raccogliere un campione interno, grezzo e incontaminato dall’asteroide. Se tutto andrà secondo i piani, la navicella lascerà l’asteroide nel dicembre 2019 e tornerà sulla Terra circa un anno dopo.
L’atterraggio sulla Terra è già previsto in una remota parte dell’Australia. Uno degli scopi del tentativo di lancio dei robot è quello di raccogliere immagini e dati sulla superficie di Ryugu in preparazione del secondo tentativo di campionamento.
Se sono sopravvissuti all’atterraggio, i due robot “salteranno” sulla superficie e si ricaricheranno di energia tramite delle celle solari.
Hayabusa 2: la sua origine
Già una differente missione Hayabusa, lanciata nel 2003, ha riportato sulla Terra nel 2010 dei campioni di asteroide. Infatti, il veicolo spaziale Hayabusa 2 è così chiamato a causa della suddetta missione giapponese che esplorò l’asteroide Itokawa circa un decennio fa.
La missione restituì ai laboratori di ricerca una piccola quantità di materiale dalla superficie dell’asteroide. Hayabusa 2 è stato costruito dopo aver appreso dalla missione originale alcuni punti cardine, infatti essa cerca di studiare Ryugu in modo più approfondito, al fine di restituire una quantità maggiore di materiale e fornire informazioni preziose sulle origini del Sistema Solare.
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