Quando si parla di raccolta di energia solare si pensa immediatamente ai classici pannelli fotovoltaici per la produzione di energia elettrica o, in alternativa, al solare termico per la produzione di acqua calda sanitaria.
Tuttavia, in futuro i pannelli fotovoltaici saranno dimenticati nell’ottica dell’utilizzo di una nuova tecnologia. Si fa riferimento alla progettazione di vetri composti da particelle che prendono il nome di concentratori solari luminescenti (LSC) e possono essere colorati e semi trasparenti.
È semplice pensare come un vetro di questo tipo possa essere utilizzato non solo, banalmente, nei serramenti di residenze, uffici e luoghi pubblici, ma anche nelle automobili, nei dispositivi elettronici e così via.
L’elettricità è alla base del funzionamento del pianeta: pensate a una finestra che sia essa stessa a produrre il riscaldamento della vostra abitazione; pensate a un finestrino o a un parabrezza della vostra auto che produca l’energia necessaria per metterla in moto; pensate a uno smartphone che ricarichi la propria batteria grazie all’energia solare.
I pannelli LSC
Un futuro governato da queste leggi non è neanche così utopistico. Se tutto ciò è possibile è grazie ai suddetti Concentratori Solari Luminescenti, diversamente noti come LSC e ancora sconosciuti a molti.
Gli esperti sostengono che questa particella così piccola, ma altamente tecnologica, potrà costituire una vera e propria rivoluzione tecnologica.
Essa porterà l’energia solare a non esser più una fonte energetica per pochi idealisti e facoltosi, bensì una realtà ampiamente diffusa, di massa.
Come funzionano?
I Concentratori Solari Luminescenti hanno un funzionamento molto semplice e intuibile già dal nome. Si tratta di lastre sottilissime di un materiale prevalentemente plastico trasparente in cui sono presenti delle molecole particolari.
Esse hanno l’abilità di catturare i raggi del sole, modificarne la lunghezza d’onda e riemetterla all’interno della lastra plastica. Questo grazie alla loro proprietà della fluorescenza.
Da qui il passo è molto semplice: sui bordi della lastra di LSC sono presenti delle classiche celle fotovoltaiche, come le abbiamo sempre immaginate, in grado di catturare i raggi e convertirli in energia elettrica.
Una similitudine molto semplice da comprendere anche per i non esperti in materia, potrebbe essere quella dello strizzare uno straccio bagnato in un secchio.
Lo straccio bagnato è dato dalla lastra di LSC, mentre il secchio in cui viene raccolta l’acqua è l’insieme delle celle fotovoltaiche.
A differenza di ciò che si può pensare, non si tratta di una scoperta recentissima. I primi esperimenti sugli LSC risalgono agli anni ’70.
Il Centro Ricerche Eni per le Energie Rinnovabili e l’Ambiente, con sede a Novara ha presentato per primo i possibili utilizzi di questa tecnologia all’ultima Maker Faire che si è tenuta a Roma.
Ricerca tecnologica
Le molecole che compongono il pannello sono state reperite in natura, tuttavia, negli ultimi anni l’obbiettivo delle ricerche svolte è stato quello di perfezionarne le proprietà.
Esse, infatti, sono state leggermente modificate. L’aspetto principale su cui si è puntato è la pigmentazione. Com’è noto, più è scuro il colore più è in grado di catturare la luce del sole.
Tutto ciò è stato portato avanti tenendo sempre in considerazione il fatto che si stesse progettando un materiale che poi sarebbe stato utilizzato in serramenti et simila.
Dunque, la trasparenza rimane comunque la caratteristica fondamentale che il materiale deve avere.
Il rapporto con la natura
A tal proposito, il contributo più importante è stato dato dalla realizzazione di una lastra di LSC di un colore rosso molto acceso il quale non influisce minimamente sulla fotosintesi clorofilliana delle piante.
Questo permetterebbe, in futuro, di coltivare le piante su una superficie che, al contempo, è in grado di produrre energia elettrica che potrebbe eventualmente alimentare gli impianti di irrigazione, o di illuminazione, ad esempio.
Tutto ciò senza che le due cose vadano in contrasto tra di loro, dato che gli attuali impianti di fotovoltaico hanno la grande pecca di influire negativamente sulle proprietà del terreno sottostante.
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