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Si sa che WhatsApp è una delle applicazioni più amate e utilizzate di tutti i tempi.
Sono moltissime le piattaforme che consentono di chattare, scambiare messaggi e telefonare in tempo reale e a costi bassissimi, anzi, praticamente gratis; tra le più celebri ricordiamo Telegram, Messenger e il “pioniere” Skype.
Ma WhatsApp ha superato tutte le altre piattaforme in popolarità. Vuoi per la sua facilità di utilizzo, vuoi per la praticità dei suoi servizi.
Il blackout dei Social del 13 Marzo ha dimostrato come sempre più persone dipendano totalmente da WhatsApp per comunicare con amici e conoscenti.
Di WhatsApp esistono anche numerose versioni “clone”. Applicazioni che sfruttano il nome e la tecnologia, senza però coinvolgere direttamente gli sviluppatori ufficiali.
E che possono rappresentare un rischio per la privacy e la sicurezza degli utenti.
WhatsApp dichiara guerra alle applicazioni clonate
Da qui la presa di posizione durissima che WhatsApp ha recentemente preso nei confronti dei suoi numerosi cloni.
Dal mese di Marzo 2019 sono infatti entrate in vigore delle nuove misure di sicurezza, molto più severe.
A chi fa uso di applicazioni “terze”, e non della piattaforma originale, verrà infatti bloccato l’account.
Il servizio risulterà sospeso e agli utenti non resterà, come altra opzione, che contattare il Servizio Assistenza. Dove troveranno tutte le istruzioni per rimuovere le app potenzialmente dannose e installare l’originale.
Le versioni clonate e qualunque forma di modding di WhatsApp, sostengono infatti gli sviluppatori, infrange i termini di servizio con cui l’applicazione è distribuita.
I cloni di WhatsApp, quali sono e come riconoscerli?
Ma quali sono i cloni che hanno allarmato gli sviluppatori al punto da impedire agli utenti il loro utilizzo?
In pratica tutte le versioni che consentono di utilizzare di servizi e funzionalità “extra” rispetto al tradizionale WhatsApp.
Una fra le più famose è WhatsAppPlus, un clone molto ben studiato che replica WhatsApp praticamente in tutto, dalla grafica ai servizi. Offrendo dei contenuti “premium” come, ad esempio, la possibilità di nascondere la spunta ai messaggi o registrare fino a quattro account in contemporanea.
Anche GBWhatsApp è una versione “moddata” che non sarà più possibile utilizzare.
In questo caso i contenuti extra comprendevano maggiori opzioni di privacy, la possibilità di nascondere quando si è online e di personalizzare l’icona dell’applicazione. Ma anche nuove emoji e un limite molto maggiore per clip audio, video e foto.
Se vi sembra che i contenuti aggiuntivi di queste app le rendano preferibili al “classico” WhatsApp, sappiate che utilizzarle può comportare ben più di un rischio.
Perché non si possono usare i cloni?
Molti utenti si sono infatti domandati il motivo di una presa di posizione così dura contro le applicazioni clone.
Queste ultime offrono dei servizi opzionali che rendono l’esperienza di conversazione più stimolante e divertente. Perché non “dobbiamo” utilizzarle?
La risposta arriva dai programmatori e dagli sviluppatori di WhatsApp. Che su queste applicazioni non hanno né possono avere alcun tipo di controllo.
Le applicazioni clone vengono sviluppate da terze parti, che avranno quindi accesso ai nostri dati personali e sensibili.
Dietro ad un’applicazione moddata potrebbe nascondersi chiunque. Per questo è importantissimo utilizzare solo la versione originale del programma.
Il rischio, in caso contrario, è di “consegnare” dettagli personali della propria vita in mano a sconosciuti che potrebbero farne uso illegittimo.
Ma non basta. Il rischio più grande con le applicazioni moddate riguarda anche la sicurezza.
Infatti molti di questi programmi potrebbero essere vulnerabili e contrarre malware, virus o altro contenuto nocivo.
La versione ufficiale di WhatsApp è costantemente aggiornata proprio per garantire il massimo della sicurezza agli utenti. Gli sviluppatori sono sempre al lavoro per rimuovere eventuali falle o bug. Garantendo così una navigazione sicura e protetta.
Ma i loro sforzi non si estendono alle applicazioni clonate. Che quindi sono “scoperte” e potrebbero avere ripercussioni, anche molto gravi, sui dispositivi degli utenti.
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