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Oggigiorno ogni cosa della vita reale si è riversata nel mondo digitale, compresi alcuni disturbi psicologici.
Tra i disturbi più comuni vi sono quelli racchiusi nell’ossessivo compulsivo, che possono essere di lieve entità e non intaccare quasi per niente la vita dei soggetti interessati, o sfociare in situazioni più gravi e allarmanti. Adesso, grazie ad un recente studio, abbiamo la conferma che questo specifico disturbo psicologico interessi non solo la vita reale, ma anche quella digitale.
Non è insolito avere la mail stracolma o una miriade di foto accumulate sullo smartphone. Ma se anche solo il pensiero di liberartene ti crea ansia e angoscia, potresti essere un accumulatore compulsivo digitale.
Tuttavia questo non è l’unico disturbo subentrato con l’avvento dell’era digitale e iperconnessa.
Digital Hoarding
Il disturbo ossessivo compulsivo che può tramutarsi in accumulo compulsivo digitale è stato studiato dai ricercatori dell’Università Monash, in Australia. “L’accesso a un mucchio di documenti, immagini, video, email porta a un ciclo ricorsivo di acquisizione, memorizzazione e condivisione che si risolve in accumulo di enormi quantità di contenuti digitali”.
Tutto ciò inizia dai bassissimi prezzi per l’archiviazione di dati, che forzano a non sentire la pulizia dell’email o la selezione di foto, video e documenti, una necessità.
Non ci sarebbe tuttavia nulla di strano in ciò, a meno che, nel momento, in cui ci si pone davanti alla necessità di fare “pulizia” non subentri un panico insensato e un’incapacità di liberarsi delle cose superflue.
Il disturbo è il gemello digitale dell’accumulo compulsivo già conosciuto, che porta le case dei malati a riempirsi di oggetti inutili fino a rendere la loro vita invivibile.
La quantità di materiale digitale non è inferiore a quella che possiamo avere nel mondo reale. Basta pensare che nel mondo ogni giorno vengono inviate 270 miliardi di email e scattate con gli smartphone 4,7 trilioni di fotografie.
Il fatto che fisicamente non siano così ingombranti, non vuol dire che non sia altrettanto allarmante non riuscire a liberarsi di qualche decina di migliaia di file inutili.
A soffrire del disturbo sono soprattutto giovani tra i 20 e i 30 anni. Essi, infatti, affrontano un difficile passaggio alla vita adulta, dove subentrano responsabilità che non sempre si è in grado di gestire.
Il nome dato a questo disturbo è digital hoarding, accaparramento digitale. “L’incapacità di scartare o gestire efficacemente il contenuto digitale, portando alla confusione, ma anche a relazioni tese con familiari, amici, colleghi e superiori, fino a compromettere lavori e rapporti”.
Disturbi da uso di videogiochi
Come detto, il delicato passaggio che diverse generazioni hanno affrontato, vivendo a pieno l’avvento dell’era digitale, ha portato alla nascita di una serie di disturbi.
Disturbi legati all’uso di internet, di videogiochi, ecc, di cui il digital hoarding è solamente l’ultimo di una lunga lista. Ovviamente stiamo parlando di un uso sconsiderato, disordinato e malato.
L’anno scorso è stato, infatti, finalmente inserito nell’elenco delle patologie mentali riconosciute il “gaming disorder”.
Si tratta della dipendenza da videogiochi, la quale, è presente da diversi anni e nel mondo esistono già da tempo diversi centri di recupero. Nonostante ciò è stata classificata una malattia vera e propria appena un anno fa.
Narcisismo digitale
Ci sono cose divenute ormai talmente quotidiane che considerarle una patologia suona strano. Questa esigenza di likes e followers, questa ossessione crescente ormai in molti, nella ricerca di approvazione online, potrebbe sfociare in un disturbo mentale, come, ad esempio, il narcisismo digitale.
Due dei sintomi più comuni del narcisismo digitale sono l’oversharing e i selfie. Due azioni che se portate all’estremo possono portare ad un disturbo da non sottovalutare.
Il disturbo ti porta a condividere sempre di più, sempre più informazioni, con l’intera comunità digitale, fino a farla entrare nel tuo intimo più profondo.
L’intimità mostrata alla mercé di tutti, accentuata grazie all’avvento dei social network, ha portato alla coniazione del termine estimità. Questo pur non essendo nato per questo scopo specifico, lo psicologo Tisseron, ne ha fatto il suo pioniere per la lotta contro il narcisismo digitale.
“Il desiderio d’estimità consiste nel mostrare dei frammenti della propria intimità di cui noi stessi ignoriamo il valore, a rischio di provocare il disinteresse o anche il rigetto negli interlocutori, ma con la speranza che il loro sguardo ne riconosca il valore e lo renda tale ai nostri occhi”.
Questi sono solamente alcuni dei disturbi nati negli ultimi decenni. Disturbi legati ad una vita iperconnessa, che viene spesso scambiata con la realtà e che porta, purtroppo, a gravi patologie dalle quali dobbiamo stare alla larga.
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