Il programma Apollo non è solo stata una corsa allo spazio, infatti, lo sbarco sulla Luna ha prodotto anche incredibili scoperte tecnologiche, diventate poi di uso comune. La tecnologia spaziale infatti si è fatta largo nell’utilizzo civile perché in grado di migliorare notevolmente la qualità della vita.
La tecnologia spaziale che ci facilita la vita
L’occhio umano è molto sensibile alla luce blu e a quella verde e, negli anni novanta, uno scienziato dell’Ames Research Center, grazie a dei fondi NASA, ha sviluppato dei filtri ottici per bloccare proprio la luce blu. Utile per rendere gli oggetti mimetizzati più visibili, per esempio nelle foreste, ora sono commercializzati nella realizzazione di occhiali da sci.
Da un progetto accantonato dalla Nasa, quello delle batterie argento-zinco, che non aveano dato molti risultati in campo spaziale, l’azienda ZPower ha realizzato delle batterie perfette per gli apparecchi acustici, perché di durata nettamente superiore alla media.
Anche le fotocamere in HD sono frutto della tecnologia NASA. I loro ingegneri hanno infatti progettato dispositivi leggeri e potenti utilizzando la tecnologia dei CMOS (Complementary metal-oxide semiconductor), per realizzare dei sensori con pixel attivi. Utilizzati anche per le telecamere GoPro, per realizzare video dalla propria bicicletta o moto, che hanno raggiunto un fatturato di 10 miliardi di dollari.
I trapani e avvitatori
Forse non sono utilizzati proprio da tutti, ma i moderni trapani devono molto alla ricerca spaziale. Si pensi prima di tutto al fatto che, nello spazio, non è comodo avere fili elettrici che svolazzano mentre si ripara qualcosa al di fuori della struttura.
Per questo la NASA mise sotto contratto la Black & Decker e la Martin Marietta per sviluppare meglio i prototipi di trapani e avvitatori senza fili. Riuscirono così a renderli più maneggevoli e con maggiore carica.
Ma anche la realizzazione dell’avvitatore ad impulsi è nato proprio per ovviare un problema che c’è solo nello spazio: quello del galleggiamento dei bulloni in assenza di gravità.
La tecnologia spaziale in aiuto dei vigili del fuoco
Importanti scoperte in campo spaziale si sono rivelate estremamente utili per chi tutti i giorni mette a rischio la propria vita nella lotta agli incendi.
I sistemi come le maschere antigas, utilizzati in tutto il mondo dai pompieri, sono stati realizzati nei laboratori NASA. Anche se non sono stati loro ad inventarle direttamente, sono riusciti a rendere il sistema di filtraggio e purificazione, leggero e maneggevole. Molto più adatto ad essere trasportato nello spazio ma sopratutto sulla terra, in situazioni estreme.
Infatti negli anni 70 i dispositivi di respirazione erano talmente ingombranti che spesso non venivano utilizzati, esponendo a enormi rischi i pompieri. La NASA così, insieme alla divisione per la tecnologia e per gli incendi del ministero del commercio, sviluppò un sistema più leggero e compatto di respirazione. Dotato inoltre di una maschera più ampia, per dare più visuale ai pompieri.
Sempre in nell’ambito del progetto Fire si è introdotto l’uso dei tessuti polimerici. Materiali realizzati con lunghe catene di molecole, che hanno importanti proprietà di robustezza e resistenza al calore. Scoperti da Carl Marverl per una ricerca in campo aerospaziale, la NASA li ha adottati subito per le sue missioni.
Infatti dopo il disastro dell’Apollo 1 la NASA stava cercando un tessuto che non fosse infiammabile e anche stabile in un’ampio range di temperature. La scoperta del polibenzimidazolo, è stata così introdotta anche per le divise dei pompieri, ma non solo. I tessuti polimerici sono infatti utilizzati in diversi settori come nelle gare automobilistiche, nell’esercito e nell’industria.
Le bufale sulle invenzioni spaziali
Tra quelle invenzioni che invece proprio non sono frutto di una tecnologia spaziale, c’è il teflon, rivestimento estremamente resistente al calore, in verità è un’idea del 1938 di Roy Plunkett.
Altro errore è quello di affiancare la scoperta del velcro alla NASA, il velcro infatti nasce negli anni ’40 in Svizzera da un’idea di George de Mestral.
In entrambi i casi si tratta di scoperte utilizzate dagli astronauti, ma non nate per lo spazio.
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