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Stelle anemiche; non è un termine che siamo abituati a udire spesso. Eppure succede anche questo; esistono infatti delle stelle con un quantitativo di metalli (fra cui anche il ferro) molto inferiore rispetto ad altre.
Ma solo di recente gli scienziati hanno scoperto una fitta schiera di queste stelle anemiche nel disco della Via Lattea.
La notizia è stata riportata dal The Astrophysical Journey, una fra le riviste di astronomia più influenti. Scoperta che porta la firma di un gruppo di ricerca internazionale, ma con base in Italia; a capo del team c’è infatti una scienziata torinese, Daniela Carollo dell’Inaf (Istituto Nazionale di Astrofisica).
Come si riconoscono le stelle anemiche?
Ma cosa differenzia le stelle anemiche da tutti gli altri corpi celesti?
Come abbiamo visto in apertura, il termine viene utilizzato per indicare il minor quantitativo di metalli all’interno del “cuore” di queste stelle.
Questi metalli sono gli elementi più pesanti di idrogeno ed elio, che nelle cosiddette stelle “canoniche” raggiungono livelli molto più elevati.
Inoltre, le stelle anemiche si differenziano anche per la maggior presenza di “elementi alfa”; rispettivamente titanio e magnesio.
Ma non basta. Questa tipologia di stelle hanno anche una velocità di rotazione inferiore; soli 150 km al secondo, contro gli oltre 180 delle stelle tradizionali che siamo abituati a conoscere.
La stella più anemica dell’universo
L’esistenza di stelle anemiche in realtà era già conosciuta agli scienziati, anche se fino a questo momento si ignorava la loro presenza nella Via Lattea.
Infatti nell’universo non sono certo le uniche stelle ad avere un minor quantitativo di metalli pesanti.
Attualmente il record per la stella più anemica è detenuto da HE1327–2326, una subgigante che può essere localizzata nella costellazione dell’Idra, a 4000 anni luce di distanza dalla Terra.
Questa stella contiene fino a 1/250.000 del ferro presente nel Sole, mentre sarebbe molto ricca di carbonio e azoto.
Proprio queste sue caratteristiche hanno portato gli scienziati a teorizzare che HE1327-2326 sia stata una delle primissime stelle formatesi dopo il Big Bang.
La sua comparsa viene fatta risalire indicativamente a 13 miliardi di anni fa, in considerazione anche della sua massa che è di poco inferiore a quella del Sole.
HE1327-2326 è stata identificata per la prima volta nel 2005 da alcuni ricercatori dell’Università di Amburgo.
Due popolazioni di stelle nel disco spesso della Via Lattea
La scoperta dei ricercatori dell’Inaf, coordinati dalla dottoressa Carollo, hanno gettato una nuova luce sul disco spesso che costituisce la Via Lattea.
Fino a questo momento, si era sempre pensato che il disco fosse costituto da un’unica popolazione di stelle, tutte sviluppatesi in modo analogo e con caratteristiche affini.
Ma le stelle anemiche scoperte costituiscono una popolazione a parte, tanto è vero che sono state immediatamente ribattezzate metal weak thick disk, ovvero disco spesso povero di metalli.
“Fino a questo momento”, ha dichiarato la dottoressa Carollo nell’articolo comparso sul The Astronomical Journey, “pensavamo che si trattasse di un unico disco spesso. Non avevamo mai neppure immaginato l’esistenza di una popolazione indipendente con origini diverse.“
Infatti, oltre alle differenze chimiche nella struttura delle stelle, anche la loro origine sarebbe diversa da quella delle stelle canoniche.
Due diverse fasi di formazione per le stelle anemiche
E’ quindi lecito pensare che le stelle anemiche si siano formate in una fase precedente rispetto a quelle “tradizionali”.
Ma come hanno fatto a svilupparsi due popolazioni di stelle diverse?
Secondo gli scienziati una possibile spiegazione potrebbe trovarsi in una fusione tra la Via Lattea e una seconda galassia satellite, più piccola e che è stata successivamente inglobata dalla Via Lattea stessa.
Solo successivamente una nuova fusione avrebbe portato allo sviluppo del disco spesso come lo abbiamo sempre inteso; queste stelle sarebbero quindi molto più giovani di quelle anemiche.
Oppure potrebbero essersi sviluppate in una zona vicina al centro della galassia primordiale, per poi essere catapultate anche a grandi distanze nei successivi mutamenti astronomici.
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