© 2000-2023 - Enkey Magazine - Tutti i diritti riservati
ENKEY SNC - P.IVA IT03202450924 / Cod. REA CA253701 - Tel. 078162719
Tutti conosciamo Venere, sappiamo che è il secondo pianeta del Sistema Solare partendo dal Sole, che la sua superficie è rovente, che prende il nome dalla Dea dell’amore. Ma negli anni dell’esplorazione spaziale abbiamo in realtà scoperto molto di più sul pianeta Venere, andiamo a scoprirlo insieme.
Dalla Dea al Pianeta
Venere deve il suo nome alla Dea romana dell’amore e della bellezza. Esso è il secondo oggetto più luminoso del cielo notturno, dopo la luna. Appare spesso ad occhio nudo subito dopo il tramonto o poco prima dell’alba, per questo fin dall’antichità veniva chiamato Stella del Mattino o Stella della Sera. Ma nessuno, prima di Pitagora, aveva in realtà capito che le due stelle erano lo stesso oggetto.
Occorrerà ancor più tempo per comprendere che la stella del mattino o della sera era in realtà un pianeta. Un pianeta considerato, tra l’altro, come un gemello della Terra. Esso, infatti, ha dimensioni e massa quasi identiche ed è un pianeta roccioso. Ma possiamo dire che le similitudini finiscono qui.
L’atmosfera è densa e composta per lo più da anidride carbonica. La pressione è 90 volte quella terrestre. Tutto ciò lo rende il pianeta più caldo del Sistema Solare. Inoltre, il campo magnetico è molto minore rispetto al pianeta Terra e questo fa sì che Venere non ha satelliti o anelli.
Molto tempo fa Venere era molto diversa
Forse ad oggi il pianeta Venere non è quel gemello della Terra che ci aspetteremmo. Il rovente pianeta roccioso un tempo potrebbe aver avuto le giuste caratteristiche per ospitare la vita.
“Venere può aver avuto un clima stabile per miliardi di anni, con temperature tra 20 e 45°”. È l’ipotesi avanzata da Michael Way, del Goddard Institute of Space Studies. Secondo questa teoria Venere un tempo era rigogliosa, con un clima mite e con acqua liquida che scorreva sulla sua superficie.
Il tutto forse per tre miliardi di anni. Un tempo più che sufficiente per veder nascere e fiorire, sulla propria superficie, la vita. Tutto cambiò circa 700 mila anni fa, quando un evento catastrofico stravolse il pianeta, trasformandolo in quel che oggi possiamo vedere.
Sempre secondo Way l’ipotetico evento catastrofico potrebbe essere stato una velocissima tettonica delle zolle, che ha rivoltato la crosta del pianeta, rilasciando un elevata quantità d’anidride carbonica, che possiamo ritrovare ancora oggi nella sua atmosfera.
L’atmosfera di Venere
A proposito di atmosfera, quella di Venere è davvero particolare. La sua densa e ricca di anidride carbonica ruota molto più velocemente del pianeta. La parte esterna viaggia a oltre 400 km orari, fino ad arrivare a 4-5 km orari al suolo. Essa impiega, quindi, circa 4 giorni a compiere un giro completo del pianeta. Mentre quest’ultimo impiega 243 giorni a ruotare completamente su sé stesso.
Venere, inoltre, è ricoperto da una spessa coltre di nubi composte principalmente da acido solforico, che ci impediscono una corretta osservazione del suolo. Queste vengono mosse dai venti in modo davvero particolare. La velocità varia molto di anno in anno e cambia molto da un emisfero all’altro. Inoltre, di notte le nubi si raccolgono attorno all’Equatore. Questi fenomeni sono ancora considerati un mistero irrisolto.
Una nuova frontiera
Nonostante tutto ciò Venere è tornato di moda ed è ora una nuova frontiera dell’esplorazione spaziale. Le missioni in programma sono quella dell’agenzia spaziale indiana, nel 2023, quella della NASA, negli anni successivi e quella dell’ESA, nel 2032.
Solamente due sonde, fino ad ora, erano state spedite verso Venere, e nessuna da 15 anni a questa parte. Allora a cosa è dovuto questo cambiamento? Perché il pianeta è, improvvisamente, tornato interessante. I problemi più grandi, che ne hanno impedito l’esplorazione, erano proprio le alte temperature, che al suolo si aggirano attorno ai 470 gradi, nonché la pressione che, sulla superficie, è 90 volte quella terrestre.
La tecnologia, ovviamente, è andata molto avanti negli ultimi anni e l’impresa Venere non sembra più così impossibile. L’ingegnere Neudeck ha realizzato due microchip e li ha testati all’interno di un serbatoio in acciaio inossidabile, riproducendo le condizioni atmosferiche di Venere.
“La nostra ricerca non ha messo a punto i chip più complessi del mondo e nemmeno i più veloci, ma quelli in grado di resistere a lungo alle condizioni ambientali di Venere così da permettere una ricerca che potrebbe durare anche qualche mese”.
Uno degli obiettivi principali delle future missioni è mappare il pianeta, cosa già tentata dalla sonda Magellano 30 anni fa.
This post is also available in: English