Tra un paio di giorni scoccherà l’ora X e la fase 2 dell’emergenza italiana per l’arginamento della pandemia sul Coronavirus inizierà tra paure, polemiche, encomi e incoraggiamenti. Vivere un’emergenza sanitaria mondiale nel ventunesimo secolo era qualcosa che nessuno poteva immaginare. Ma viverla in un’era dove la tecnologia ha raggiunto un certo livello nella nostra quotidianità porta senza dubbio diversi vantaggi.
È per questo che essa è stata fortemente utilizzata nella fase 1, durante la quale gli ospedali rischiavano di collassare e, al fianco dei sanitari esausti, collaboravano colleghi robotici. Durante la quale l’informazione 2.0 ha avuto un ruolo fondamentale e a volte, troppo spesso, è stata utilizzata per diffondere fake news.
Adesso è giunto il momento di alzare la testa e continuare a lottare, ma in un modo diverso. La parola d’ordine della fase 2 è convivenza. Convivenza con il virus, convivenza con il prossimo, anche se a distanza di un metro e mezzo e con le dovute precauzioni. Ma per fare tutto ciò abbiamo senza dubbio bisogno di qualche aiuto ed è per questo che non potremo mai affrontare la fase 2 dell’emergenza senza la tecnologia.
Applicazioni
Abbiamo già ampiamente parlato delle applicazioni che hanno accompagnato quest’emergenza sanitaria nel mondo intero. Solitamente scorriamo lo store dei nostri telefoni cercando il gioco del momento, un navigatore satellitare, una piattaforma che recensisce ristoranti e località turistiche. Ma chiusi in casa le priorità cambiano. E così negli store abbiamo cercato applicazioni che ci aiutassero in cucina, che ci mostrassero un allenamento mirato da fare in casa, che ci permettesse di contattare il medico senza doversi recare negli studi.
L’applicazione che accompagnerà la fase 2 italiana è Immuni, per il contact tracing italiano. Allo stesso modo, o quasi, di come è stato per la Cina.
Tornare al lavoro nella fase 2
La fase 2 vedrà molte persone tornare sul posto di lavoro. Ma proprio i luoghi di lavoro potrebbero essere nuovi focolai incontrollabili e, forse, guanti e mascherine non saranno sufficienti per prevenire il contagio.
Uffici, aziende e pubblica amministrazione dovranno munirsi di strumentazioni adeguate per garantire un posto di lavoro sicuro per tutti i dipendenti. E probabilmente nemmeno la misurazione della temperatura all’ingresso potrebbe essere sufficiente.
È per questo che in molti pensano di mettere in gioco i sensori ambientali e utilizzarli per contrastare la diffusione del Coronavirus, ma come?
Ci sono sensori in grado di misurare la temperatura corporea con una precisione di più o meno 3 gradi ad una distanza di 3 metri. Lanciando non appena trovano qualcosa di sospetto un allarme al personale addetto al controllo.
I sensori per il distanziamento sociale nella fase 2
Ci sono, poi, dei sensori che possono essere utilizzati dai negozianti per assicurarsi che i propri clienti rispettino il distanziamento sociale. Definendo la distanza minima che il sensore deve controllare, questo può assicurarsi che venga rispettata nelle code o nei luoghi affollati e, come sempre, lanciare l’allarme.
Questi sensori possono essere utilizzati anch’essi negli ambienti di lavoro, per controllare, ad esempio, le sale riunioni, i bar, gli spazi comuni e le aree predisposte alla pausa pranzo.
I droni
Infine, abbiamo già visto nella fase 1 l’utilizzo dei droni, che pattugliano le città e controllano che non ci siano aggregazioni di persone e che il distanziamento sociale venga rispettato. Nella fase 2, con una maggiore mole di persone che escono di casa, i droni possono rivelarsi un utilissimo mezzo di contenimento del virus.
Ovviamente l’arma più grande per contrastare la diffusione del virus non è la tecnologia, ma il buon senso umano. Certo è che gli esseri umani possono tirare un sospiro di sollievo se ci sono gli strumenti tecnologici a guardargli le spalle.
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