Quante batterie “rubate” di nascosto dai telecomandi delle tv e sostituite con quelle ormai esauste del Gameboy. Che poi arrivava il nonno e si domandava come mai le batterie del telecomando non duravano mai più di una settimana. Quanti stratagemmi ci si inventava da bambini per non far “morire” il nostro Gameboy, che poi le batterie chissà quando ce le avrebbero ricomprate. Si narrava che sfregandole queste riprendessero un po’ di carica, o che scambiandole di posto si ottenesse un po’ di tempo extra. Ah la fisica di chi non voleva smettere di giocare. Se solo all’epoca ci fosse stata un’altra soluzione. Ma oggi, forse, un’altra soluzione c’è. Si chiama Engage, il remake della classica console portatile, che funziona ad energia solare e si ricarica mentre giochiamo, potenzialmente all’infinito.
Engage, il remake del classico Gameboy
Quando una delle più classiche e intramontabili console di tutti i tempi incontra l’innovazione, i “vecchi” videogiocatori non possono che essere catturati dalla novità.
Jasper de Winkel, un dottorando dell’università della Delft University of Technology, e il suo team, sono i creatori di Engage. Il Gameboy privo di batterie arriva più di trenta anni dopo la nascita della più indimenticabile delle console portatili.
Si chiama Engage, come il cellullare – console di Nokia, con cui, però, sembra non avere nulla a cui vedere.
De Winkel ha cercato di mantenere il più possibile il design originale. Il Gameboy è delle stesse dimensioni dell’originale, ha lo stesso schermo, posizionato allo stesso modo, ma più piccolo, e anche i pulsanti sono esattamente come trent’anni fa.
Ma nello scegliere cosa sacrificare, per far posto alla nuova modalità di ricarica, De Winkel ha scelto di eliminare l’audio.
Due modi di ricarica, un Gameboy green
Niente pile, quindi, per Engage, ma ben due modi di ricarica green. In primis l’energia solare, come è facilmente intuibile dai minuscoli pannelli ad energia solare montati ai lati dello schermo (come quelli delle calcolatrici, per capirci). Il secondo modo di ricarica green è, invece, regolato dai pulsanti meccanici, l’energia umana, della pressione improntata durante la sessione di gioco, si tramuta, quindi, in energia.
Il cuore pulsante di Engage è una nuova tecnologia chiamata intermittent computer. Con questo sistema non si fornisce energia continua (come succedeva con le vecchie batterie), ma si immagazzinano piccole quantità di energia ripetutamente e illimitatamente. Questo tipo di tecnologia era impossibile e impensabile appena cinque anni fa.
Gli svantaggi di Engage
Un remake di un classico vintage imperdibile per gli appassionati videogiocatori. Ma Engage presenta sfortunatamente alcuni svantaggi.
Teoricamente il sistema di accumulo energia è illimitato e si potrebbe giocare per pratica. In pratica i due sistemi di ricarica presentano entrambi alcuni svantaggi.
I pannelli solari hanno, ovviamente, bisogno del sole. Perciò per non rischiare che il Gameboy smetta di funzionare sul più bello dobbiamo assicurarci di giocare con le migliori condizioni meteorologiche possibili. Addio sezioni notturne, quindi!
Anche il sistema di ricarica attraverso i pulsanti presenta alcuni problemi. Il sistema funziona egregiamente, infatti, con i giochi più dinamici, che richiedono un movimento continuo delle dita del videogiocatore. Come nel caso di Super Mario o di Tetris, ad esempio. Ma se prendiamo, per esempio, in esame Pokemon, potremo avere dei problemi.
Il tutto è aggravato dal fatto che il ciclo di ricarica è di appena 10 secondi. Se, quindi, attraversa il cielo una nuvoletta passeggera o smettiamo di premere i pulsanti per 10 secondi, addio partita.
Ma De Winkel ha pensato anche a questo. Se vogliamo un Gameboy green a qualcosa dobbiamo pur rinunciare, ma non alla nostra partita. Il suo creatore ha, infatti, inserito all’interno di Engage un sistema di salvamento automatico non appena questo si accorgere che è prossimo allo spegnimento.
Ma Engage non arriverà mai sul mercato. Il Gameboy ad energia solare non è un progetto ufficiale Nintendo. Esso è più che altro una prima prova della nuova tecnologia Intermittent Computing.
This post is also available in: