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Immuni non ce la fa a decollare: alcune persone non si fidano, altre dicono che consumi la batteria, altre ancora ce l’hanno, ma non lo tengono attivo. Luci e ombre di un’app che poteva salvarci dall’ascesa dei contagi, ma non l’ha fatto.
Cos’è immuni
Prima di tutto facciamo un veloce riepilogo, per chi non lo sapesse ancora, di cos’è immuni. Quest’applicazione serve a tracciare i contatti di chi è stato esposto al rischio di contrarre il virus covid-19. Tramite una serie di incroci di codici (per garantire l’anonimato) immuni avvisa il possessore dell’app qualora un altro utilizzatore sia risultato positivo e i due soggetti siano stati nelle vicinanze per più di quindici minuti nei giorni precedenti.
In questo modo una persona che è stata avvisata da immuni, ma è asintomatica, può decidere di rimanere a casa per proteggere gli altri. Oppure può chiamare il proprio medico per richiedere un tampone in caso di sintomi.
Il servizio utilizza la tecnologia Bluetooth Low Energy: per determinare i contagi infatti lmmuni deve utilizzare l’antenna Bluetooth ma non registra dati sull’identità a sulla posizione dell’utente.
L’applicazione dichiara che i dati sono gestiti esclusivamente dal Ministero della Salute e sono salvati su server italiani.
Le critiche a Immuni
Ma l’applicazione non ha convinto gli italiani. In rete ancora circolano polemiche e dubbi riguardo la possibilità che l’applicazione possa tracciare spostamenti, registrare dati personali, salvare il numero di telefono. Affermazioni che vengono smentite semplicemente guardano quali accessi fa l’applicazione oltre alle Faq sul sito dedicato.
Ma tra le varie critiche che girano intorno a questa app ce n’è una di profilo tecnico. Secondo alcuni che l’hanno installata (e sono solo 9 milioni di persone su circa 60 milioni, davvero pochi) la batteria, con il servizio attivo, durerebbe di meno.
Ma le affermazioni sembrano infondate. La tecnologia Bluetooth è già di per sé molto leggera, inoltre Immuni applica anche uno standard più recente, il sopracitato Bluetooth Low Energy, che utilizza ancora meno dati e quindi meno energia.
La sola antenna Bluetooth potrebbe scaricare la batteria sì, ma in una cinquantina di giorni. Solo in alcuni casi è stato effettivamente notato un malfunzionamento che è stato risolto con la release successiva dell’app.
Qual è la vera falla?
Ma Immuni qualche punto debole ce l’ha. Prima di tutto se uno risultasse contagiato dovrebbe entrare nell’app e auto dichiararsi positivo, così che l’app possa inviare le segnalazioni agli utenti con cui ha scambiato codici nel 14 giorni precedenti. Ma qui si fa riferimento alla buona fede e alle capacità del contagiato. La segnalazione invece dovrebbe essere automatica, realizzata personalmente dall’ASL che ha rilevato la positività.
Secondo punto, non meno importante, una volta che un utente ha ricevuto una notifica di avvenuto contagio dovrebbe essere monitorato, per essere sicuri rimanga a casa (cosa però facoltativa secondo l’app, per cui anche qui si fa affidamento al buon senso del singolo utente). Oppure per quanto riguarda gli sviluppi della sua salute: si è effettivamente contagiato oppure no? Questo ultimo caso sembra non esser proprio contemplato rimandando tutto alla consultazione con il medico di base o all’ASL.
Infatti quando un utente riceve una notifica da immuni dovrebbe chiamare l’ASL di competenza, la quale dirotta l’utente al Dipartimento di Prevenzione. Ma purtroppo gli operatori sono pochi e spesso sono sovraccarichi di lavoro. Non è possibile quindi attivare l’indagine per tutti, per determinare il reale grado di rischio del contatto tra due utenti.
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