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Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana… non è l’incipit di un film di Star Wars, ma una scoperta riportata dal “The Astrophysical Journey”. Due buchi neri enormi che orbitano a una distanza mille volte superiore a quella che c’è fra la Terra e il Sole. E che sono legati l’uno all’altro, in una specie di danza cosmica mai osservata prima d’ora.
Lo straordinario spettacolo ha suscitato molta curiosità negli scienziati di tutto il mondo. I ricercatori si interrogano su cosa succederà nel momento in cui i due buchi neri si avvicineranno al punto da scontrarsi.
Dalla loro unione infatti dovrebbe emergere una nuova galassia, di dimensioni gigantesche e in grado di generare degli autentici picchi gravitazionali, molto più elevati di quelli che si conoscono oggi.
L’italia scopre la danza dei due buchi neri
La scoperta dei due nuovi buchi neri nella galassia Markarian 739 è particolare anche perché riguarda direttamente il nostro Paese.
Dietro alle immagini esclusive c’è infatti il lavoro di un team di ricercatori italiani. Alla loro guida, il professor Roberto Serafinelli, un ricercatore milanese.
E proprio il professor Serafinelli ha raccontato lo straordinario spettacolo ai lettori del “The Astrophysical Journal”.
“Per arrivare a questo risultato”, spiega lo scienziato, “abbiamo sviluppato una nuova tecnica di ricerca. Analizziamo i segnali periodici nell’emissione di raggi X, che contraddistinguono la presenza di due buchi neri supermassicci. In questo modo siamo in grado di localizzarli, andando a colpo sicuro.”
Oltre 500 galassie sotto i telescopi
Un lavoro colossale, quello del team del professor Serafinelli. L’obiettivo era analizzare un campione molto vasto, fornito dal Neil Gehrels Swift Observatory.
L’analisi ha coinvolto ben 556 galassie alla ricerca di dati compatibili con l’attività di una coppia di buchi neri. In precedenza, le galassie in questione erano state monitorate da tempo. Per l’esattezza da 10 anni.
I dati raccolti dal Neil Gehrels Swift Observatory sono, così stati passati interamente al setaccio dai ricercatori italiani. Ne è emersa una statistica che ha immediatamente suscitato interesse e curiosità.
La galassia Markarian 915 infatti presentava una periodicità di raggi X molto marcata. Il segnale si ripeteva per tre volte per ogni sequenza ciclica di tre anni.
L’analisi dei raggi X per studiare la danza dei buchi neri
Il nuovo metodo studiato dal team del professor Serafinelli prevede l’osservazione delle bande X, e soprattutto delle frequenze di livello più alto.
In queste ultime frequenze, infatti, il segnale attorno al buco nero può essere decifrato con maggiore facilità. I raggi X “duri” (in inglese hard X-Rays) impediscono l’assorbimento del segnale. Permettendo agli scienziati di misurare e interpretare non solo le dimensioni relative dei buchi neri, ma anche il loro comportamento.
Così è accaduto con i due “giganti” della galassia Markarian 915. Una scoperta che non è però solo accademica, ma apre le porte a nuove interpretazioni della nascita delle galassie. Il nuovo sistema di ricerca sperimentato dal team del professor Serafinelli rivoluzionerà l’approccio scientifico al fenomeno della densità dei buchi neri.
Ne è convinta la professoressa Paola Severgnini dell’Inaf, coautrice dell’articolo comparso sul “The Astrophysical Journey.”
LISA in the sky with diamonds
“Questa ricerca fornirà preziosissime informazioni sull’origine dell’Universo e l’evoluzione delle galassie”, ha spiegato la studiosa.
“I fenomeni di merging (lo scontro fra due galassie) saranno analizzate e valutate dall’Agenzia Spaziale Europea.”
Di questa fase della ricerca si occuperà la missione LISA. Ovvero Laser Interferometer Space Antenna, un osservatorio spaziale di onde gravitazionali.
LISA dovrebbe prendere “il volo” ufficialmente fra una decina d’anni. La missione si svolgerà, infatti, nella decade 2030.
Le indagini condotte “sul campo” da LISA potrebbero aprire nuovi orizzonti per la scoperta delle galassie e della loro origine segreta. In un progetto che coinvolge anche la Catholic University of America.