Accesa in un robot la prima scintilla d’empatia, qualcosa fino ad ora riservato solamente agli esseri umani. L’esperimento svolto dimostra come ciò possa aiutare le relazioni tra robot ed esseri umani, ma si aprono anche un’infinità di scenari ritenuti impossibili.
L’esperimento che ha stimolato l’empatia nel robot
A condurre l’esperimento in questione è stato Hod Lipson, aiutato da un gruppo della Columbia University di New York. I risultati ottenuti sono stati, poi, pubblicati sulla rivista Scientific Reports.
Nel corso dell’esperimento un robot è stato in grado di prevedere le mosse di un suo simile, semplicemente osservando i suoi comportamenti. Tale capacità aiuterebbe le macchine a comunicare tra loro in modo più veloce ed efficiente, ma sarebbe anche un salto avanti nella comunicazione tra la macchina e gli esseri umani.
L’esperimento, nell’atto pratico, vedeva coinvolti due robot. Uno doveva cercare i cerchi verdi e dirigersi verso di essi. La macchina, però, fu messa di fronte ad un problema che non era in grado di risolvere. Ovvero, alcuni cerchi verdi erano nascosti da una scatola rossa.
Così il robot non riusciva a vederli e passava direttamente al cerchio verde successivo, o in caso non c’erano altri cerchi verdi visibili, si bloccava.
Dall’altro lato un altro robot osservava la scena da un’altra prospettiva. Dal punto di vista del secondo robot tutti i cerchi verdi erano ben visibili. Normalmente il secondo robot si sarebbe diretto verso tutti i cerchi verdi, senza distinzione.
Ma dopo due ore passate ad osservare il compagno ha capito che qualcosa non andava. Ha iniziato a capire verso quale cerchio verde il compagno si sarebbe diretto, anche se dalla sua prospettiva la cosa assumeva un significato completamente diverso. Non aveva senso per lui ma ha saputo mettersi nei panni del robot numero uno e a prevedere le sue mosse, dimostrando di avere empatia.
La teoria della mente
L’esperimento in questione ci riporta alla Teoria della mente, finora considerata una prerogativa degli esseri umani. La Teoria della mente consiste, infatti, proprio nella capacità di sapersi immedesimare negli altri.
Ciò è alla base anche del concetto semplice che i bambini imparano osservando le azioni degli adulti. Cosa che i robot non erano mai stati in grado di fare prima dell’esperimento sull’empatia della Columbia University.
Anche se l’esperimento può sembrare davvero molto semplice, se si confronta con le azioni di gran lunga molto più complesse che gli esseri umani sono in grado di apprendere attraverso la semplice osservazione, questo è comunque un primo passo.
Il team di ricercatori che ha condotto l’esperimento non ha dubbi: è stata accesa la scintilla dell’empatia nei robot!
L’empatia dei robot è molto importante per migliorare la comunicazione tra macchine ed esseri umani
A spiegare l’importanza dell’empatia nei robot è Antonio Frisoli, della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, “Prevedere le azioni future sulla base dell’osservazione è una capacità in grado di migliorare significativamente la sintonia e il grado di interazione naturale di un robot con un umano, dal momento che la barriera linguistica viene superata nell’esecuzione di compiti nei quali, ad esempio, è necessario un coordinamento o un accordo reciproco”.
Inoltre, aggiunge, “Possiamo immaginare robot in grado di assecondare le nostre azioni in modo collaborativo ed efficace”.
Frisoli è, inoltre, d’accordo con i ricercatori sostenendo che: “l’esperimento ha misurato una forma primitiva di empatia tra due robot, intesa come la capacità da parte di un robot di predire il comportamento di un altro robot in assenza di comunicazione verbale, ma solo attraverso un’analisi visiva del comportamento dell’altro partner”.
Tuttavia, non bisognerebbe esagerare o ricercare troppo l’empatia dei robot. Sebbene essa aiuterebbe sostanzialmente la comunicazione e il lavoro coordinato, cosa succederebbe se un robot fosse in grado di prendere decisioni in autonomia sulla base di una semplice predizione?
“Può un robot, nell’anticipare il pensiero dell’uomo, manipolare l’uomo stesso e non essere più il mero esecutore di compiti?”.
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