A causa della pandemia da Covid-19 la tecnologia ha visto un ruolo crescente nell’assistenza sanitaria. Anche per questo si è iniziato a guardare alla realtà virtuale come un mezzo per assistere coloro che hanno problemi di salute e non solo.
Realtà virtuale e salute mentale
Durante lo scorso anno sono nati molti centri specializzati che supportano una serie di cliniche psicologiche per fornire terapia con realtà virtuale per il trattamento delle fobie.
Molte soluzioni permettono di accedere a simulazioni digitali dello stimolo della paura, in modo controllato, adattato con precisione alle esigenze di ogni singolo paziente. Questo permette loro di affrontare gradualmente il problema ed imparare a controllarlo.
Allo stesso modo la realtà virtuale può essere utilizzata come metodo di evasione o per praticare movimento in casa per sopperire ai problemi di blocco mentale o fisico dovuto ai vari lockdown.
Pandemia e realtà virtuale
Quanti di voi avrebbero desiderato avere un dispositivo VR durante il primo lockdown? Un visore per la realtà virtuale che rappresenta sempre di più un modo per sfuggire, almeno digitalmente, alle quattro mura del nostro appartamento.
Un dispositivo del genere può permetterci di immergerci in qualche località esotica, o ancora riprodurre virtualmente le pareti e gli ambienti di un museo o di qualche sito archeologico.
La crisi che stiamo vivendo, causata dal Coronavirus, potrebbe segnare per questo e per tanti altri motivi il trionfo della realtà virtuale, rendendo di massa uno strumento sinora confinato ai soli appassionati.
Qualche segnale positivo relativo all’adozione di questa tecnologia inizia effettivamente a vedersi. Per esempio, la percentuale di utenti di Steam (una piattaforma online per videogiocatori) dotati di visori VR è cresciuta del 50% nel mese di aprile 2020.
Al di là di questo potrebbe essere anche un modo per controllare i malati a distanza. Potrebbe essere un modo per aiutarli a vivere la malattia in maniera consapevole. In particolare chi si è visto investito dalla depressione post Covid-19 potrebbe utilizzare i dispositivi VR per curare i propri disturbi e vincere le proprie paure.
I VR prima del lockdown
Facciamo un passo indietro. I dispositivi di realtà virtuale non sono cosa nuova. Anzi, c’è da dire che prima del lockdown i dispositivi VR non erano molto gettonati.
Durante il 2019 c’è stato infatti un calo delle vendite del 23% rispetto all’anno precedente. Prima del lockdown infatti, le aspettative dietro all’utilizzo di questo tipo di tecnologia erano ancora immature. L’esperienza veniva considerata poco confortevole. Chi provava ad utilizzarla trovava il visore scomodo e pesante.
Il grande vantaggio di potersi immergere in un mondo digitale non compensava la mancanza di maneggevolezza di questi dispositivi. Inoltre, molti erano ancora arretrati da un punto di vista di definizione rispetto ai classici videogiochi.
In poco tempo, il settore ha deciso di investire in questo campo, andando a sopperire a queste problematiche, ampliando la diffusione della realtà virtuale non solo tra i gamer, ma anche nel mondo del lavoro.
La nuova frontiera della realtà virtuale è quella di ricreare in remoto l’ambiente di lavoro in maniera immersiva e interattiva per tutti coloro che si ritrovano a dover operare in smart working. Un nuovo modo di vedere anche il sistema, che coinvolge tutti i tipi di attività, come abbiamo detto anche quello sanitario.
Soluzioni per il futuro
La realtà virtuale potrebbe essere, almeno in teoria, lo strumento perfetto per vivere in un mondo in cui lo smart working diventerà la norma. Un mondo in cui potremmo dover affrontare altre fasi di distanziamento sociale o addirittura di quarantena reale e massiva.
In ogni caso i progressi che questa tecnologia deve fare per diventare un’esperienza naturale sono ancora molti. Una cosa è certa: questo tipo di tecnologia potrebbe rappresentare una delle soluzioni per il futuro dell’uomo, ricreando interazioni che forse fisicamente non saranno mai più le stesse.
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