I detriti spaziali che circondano la Terra stanno aumentando vertiginosamente. L’inquinamento ormai non si limita più ad ammorbare solo il nostro pianeta. Infatti è diffuso perfino nello spazio. E in futuro, la “spazzatura” cosmica attorno alla Terra potrebbe proliferare ancora.
Nonostante i tentativi di contenerli, i detriti spaziali sono ormai fuori controllo. L’allarme arriva direttamente dall’ESA, l’Agenzia Spaziale Europea. Che da anni monitora, con crescente preoccupazione, la quantità di frammenti generati ogni anno.
Una situazione drammatica, destinata a peggiorare. Ma cosa sono i detriti spaziali? Perché questi rifiuti rappresentano un problema così insormontabile? E le nuove tecnologie possono aiutarci a liberare il nostro pianeta dalla nuvola di detriti che lo circonda?
Detriti spaziali; cosa sono e come si formano
I detriti spaziali possono avere varie forme e masse. Si va dal semplice pulviscolo ad autentici rottami metallici orbitanti.
I detriti sono così numerosi ed eterogenei che è difficile anche solo fare una stima di quanti siano. Si sa, però, che quelli con il diametro superiore ai 20 cm sono più di 9000. Nel 2018 si calcolava che fossero oltre 21.000 i corpi vaganti intorno alla Terra. E si tratta solo di un’approssimazione grossolana. Cifre che fanno impallidire soltanto a leggerle.
Ancora più difficile è risalire alle loro origini. In linea di massima, il 20% dei detriti più grossi è rappresentato da satelliti militari ormai inattivi. In seguito a eventuali collisioni o all’incuria del tempo, i satelliti possono poi sfasciarsi ulteriormente. Anche i loro frammenti (bulloni, schegge di vernice ecc) vanno ad aggiungersi così alla “spazzatura” spaziale orbitante.
Non mancano neppure i residui lasciati dai razzi. Ma la stragrande maggioranza dell’inquinamento spaziale deriva da esplosioni causate da esperimenti bellici. In prevalenza russi e statunitensi, come ha rilevato la stessa ESA.
Secondo gli ultimi rilevamenti del 2008, il detrito più vecchio nell’orbita del pianeta sarebbe il satellite americano Vanguard I.
I detriti orbitanti e il rischio di esplosioni
Ma perché il fenomeno dell’aumento di questi detriti preoccupa tanto le agenzie spaziali di tutto il mondo?
Il problema della “spazzatura orbitale” non è solo l’impatto ecologico. C’è un rischio più concreto a cui occorre prestare attenzione.
I satelliti e i razzi abbandonati nello spazio, infatti, contengono ancora batterie e carburante. Materiali altamente infiammabili, e che possono impiegare anche anni a deteriorarsi completamente.
Lasciati alla mercé delle intemperie, i satelliti possono schiantarsi gli uni contro gli altri. Quando si verificano queste collisioni, il carburante o le batterie perlopiù esplodono. Producendo non solo nuovi frammenti, ma scagliandoli spesso anche a grandi distanze.
Aumenta, quindi, il rischio che questi residui possano ricadere sulla Terra. E, in base alle dimensioni, il passaggio attraverso l’atmosfera potrebbe non bastare a distruggerli.
Oltre dodici esplosioni ed eventi accidentali in un anno terrestre
I numeri registrati dall’ESA sono allarmanti. Si calcola che ogni anno avvengano più di 12 esplosioni o altri eventi accidentali. Il risultato è un incremento costante dei detriti spaziali attorno al nostro pianeta. Un vero e proprio circolo vizioso da cui è difficile uscire.
Esiste un modo per risolvere il problema? L’ESA ha rilevato che ultimamente ci sono stati dei miglioramenti in tal senso. Preoccupa però la lentezza nel mettere in pratica sistemi anti-detriti efficaci. Specie se contrapposta alla relativa velocità con cui si crea nuova spazzatura spaziale.
Una soluzione arriva dalla stessa ESA. Che ha predisposto il rientro dei propri satelliti arrivati a fine vita. In questo modo le apparecchiature si autodistruggono nell’impatto con l’atmosfera, generando frammenti molto minori.
Un altro aspetto su cui alcuni Paesi stanno lavorando è quello di generare detriti di massa inferiore nei nuovi lanci di razzi. I nuovi detriti sono in media fino all’80% più piccoli dei loro predecessori. E’ un timido passo nella giusta direzione, che ha interessato il 30% dei lanci di razzi negli ultimi anni.
Purtroppo non si può dire altrettanto dei sistemi anti-detriti adottati da satelliti orbitanti a bassa quota. Gli unici a contenere sensibilmente i detriti sono una percentuale che si aggira dal 5 al 20% delle emissioni totali.
Occorre fare di più, avverte l’ESA. Ed è necessario che anche l’ONU prenda posizione. I detriti spaziali sono un problema che continua a crescere. E che tanti, troppi Paesi sottovalutano ancora.
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