La Barriera Corallina è sempre più malata e fragile. E potrebbe scomparire per sempre, provocando danni incalcolabili all’ecosistema marino. E’ l’allarme agghiacciante che arriva dall’Australian Marine Conservation Society sulla base dei dati riportati nell’ultimo trentennio.
Nonostante gli sforzi per contrastare il fenomeno, i coralli continuano a morire. Secondo le ultime statistiche, nel giro di pochi decenni il loro numero è precipitato del 50% nel solo reef australiano. La situazione potrebbe degenerare, anche a causa dei cambiamenti climatici fuori controllo.
Da qui l’appello dell’Australian Marine Conservation Society all’Unesco. E’ indispensabile prendere provvedimenti il prima possibile, onde evitare un disastro ecologico senza precedenti.
La Barriera Corallina è malata; così i coralli diventano bianchi
Non è una novità che la Barriera Corallina non goda di buona salute. Purtroppo già negli anni novanta sono emersi i primi segnali di allarme. Da allora, i numeri sono aumentati in maniera anche molto drastica.
Perché i coralli perdono il loro colore? La causa va attribuita a una malattia che affligge questi delicati organismi viventi. Infatti il corallo non è una pianta o un minerale, come credono in molti. Con il termine corallo (nome scientifico Anthozoa) si raggruppano numerose specie di invertebrati marini. E non è neppure vero che tutti i coralli bianchi siano necessariamente malati. In natura esistono specie corallifere dalla colorazioni chiare (bianco, pelle d’angelo, giallo), così come nere.
L’imbiancamento da malattia è piuttosto una calcificazione che si verifica quando il corallo, malato e indebolito, scaccia le alghe zooxantelle responsabili dei suoi colori. Nel frattempo il morbo distrugge i tessuti molli interni, provocando la morte del singolo ramo. Tutto ciò che resta del corallo è uno scheletro estremamente fragile, perché poroso e cavo all’interno. Questa malattia è conosciuta con il nome di Stony coral tissue loss disease, o SCTLD.
Gli scienziati non hanno ancora stabilito con certezza quali siano le cause del morbo. Alla base potrebbe esserci un’infestazione di batteri. Ma il corallo è anche molto sensibile all’inquinamento ambientale e al surriscaldamento delle acque. Condizioni che nell’ultimo secolo si sono inasprite, favorendo la diffusione della malattia. La SCTLD non ha colpito solo la Barriera Corallina australiana; anche quella mesoamericana, infatti, è in condizioni molto critiche.
L’appello all’Unesco: “Patrimonio mondiale in pericolo”
Già lo scorso anno, il professor Terry Hughes aveva dato l’allarme dalle pagine del Proceedings of the Royal Society. Nel giro di trent’anni, la Barriera Corallina ha perso ben la metà dei suoi coralli. La malattia ha coinvolto senza distinzioni tutte le specie esistenti, per quanto con un’incidenza più alta nei coralli ramificati (branch coral).
“Pensavamo che la Barriera Corallina fosse protetta dalle sue dimensioni”, ha spiegato il professor Hughes. “Invece non c’è più tempo da perdere.” A fargli eco, il professor Andy Dietzel, co-autore dello studio, che spiega come “la resilienza della Barriera Corallina sia molto compromessa“. La SCTLD può essere reversibile, ma i coralli di oggi non riescono più a rigenerarsi e recuperare vigore con la stessa facilità del passato. Se non si interviene subito, sarà troppo tardi.
Secondo l’ARC Center of Excellence for Coral Reef Studies di Queensland, la situazione è anche più drammatica. La SCTLD avrebbe già colpito fino al 93% del reef australiano. I coralli non ancora morti sono comunque fortemente indeboliti. Per questo l’Australian Marine Conservation Society ha sollevato il problema direttamente con l’Unesco.
La Barriera Corallina deve essere immediatamente riconosciuta come patrimonio mondiale in pericolo. La speranza è che l’allarme spinga il governo australiano a varare nuove misure ancora più decisive per arginare i fenomeni di inquinamento e overfishing.
Già nel 2014 il governo australiano aveva cercato di arginare il problema dell’overfishing e del declino della Barriera Corallina con l’iniziativa “Reef 2050”, approvata dall’Unesco l’anno seguente. A tutt’oggi, però, i risultati di Reef 2050 non sono stati quelli sperati. E lo sbiancamento di massa del corallo ci conferma che il tempo stringe.
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