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Il pesce leone potrebbe invadere rapidamente le acque del Brasile. No, non stiamo parlando di un film horror alla Sharknado, ma di un allarme ambientale diramato dagli scienziati.
In Brasile, infatti, non si erano mai visti esemplari della specie Pterois volitans. Ma in meno di un decennio la situazione è cambiata; già quattro pesci leoni sono stati rinvenuti nelle isole oceaniche. E tra gli scienziati è subito allarme. Infatti il pesce leone è una specie notoriamente invasiva, a cui sono bastati trent’anni per “invadere” il Mediterraneo.
Le conseguenze di una proliferazione di pesci leoni potrebbero essere devastanti per l’ecosistema marino. Numerose specie di cui questo pesce si ciba potrebbero andare incontro all’estinzione. Portando, nel giro di breve tempo, alla devastazione della barriera corallina.
Ma come hanno fatto i pesci leoni a spingersi così lontano dal loro ambiente naturale? E quale pericolo rappresentano per la fauna caraibica?
Il pesce leone, scenografico cacciatore dal veleno micidiale
Il pesce leone (Pterois Volitans) è originario dell’Asia e delle acque del Pacifico, diffuso soprattutto nell’area polinesiana. Tuttavia esemplari di questa specie vivono abitualmente anche in Giappone e in Australia.
Spesso è accomunato al pesce scorpione o scorpena, ma in realtà esistono sottili differenze fra le varie denominazioni. Il pesce scorpione propriamente detto, infatti, è davvero più simile alla scorpena (o scorfano) e al pesce pietra. Questi pesci cacciano sul fondale, mimetizzandosi nella sabbia grazie al loro aspetto “roccioso” e irto di spine ed escrescenze.
Al contrario, il pesce leone è molto più vistoso. Le sue pinne dorsali, pettorali e caudali sono ornate da una raggiera di spine velenose. Un’altra differenza con i cacciatori dei fondali sta nella colorazione. Infatti il corpo e le pinne del pesce leone sono striate con bande brunite, rossastre e bianche.
Inoltre il pesce leone non caccia solamente sul fondale, dove preferisce riposare nelle ore diurne. Al calare della notte si avventura a caccia vicino ai coralli e alle gorgonie.
Il suo veleno può provocare eritemi localizzati, ma anche necrosi dei tessuti e nei casi più gravi anche sintomi quali cefalee, nausea, ischemie e paralisi. La puntura del pesce leone, se trattata in tempo, non è quasi mai mortale per l’uomo; i decessi documentati sono pochissimi.
La più frequente causa di puntura va attribuita alle immersioni notturne. Le luci dei subacquei attirano i pesci leone, singolarmente o in gruppo. Il fastidio provocato dai loro organi visivi, per contro, li spinge ad assumere atteggiamenti aggressivi.
Galeotta fu l’acquariofilia; così il pesce leone è arrivato in Brasile
La California Academy of Sciences, in uno studio sull’invasione dei pesci leone in Brasile e nel Mediterraneo, ne ha indagato a fondo le cause. Cosa può aver spinto questi pesci a “sconfinare”, sempre più spesso, dalle sue acque di origine?
Uno dei motivi sembra essere l’innalzamento delle temperature marine. Nel Mar Mediterraneo l’acqua è sempre più calda, trasformandosi nell’habitat perfetto per le prede dei pesci leone. La specie è così arrivata in Grecia, dove sono stati avvistati a Corfù, e perfino nelle acque Italiane.
L’invasione più massiccia si è però verificata negli Stati Uniti e nei Caraibi. In soli trent’anni, il pesce leone si è diffuso a perdita d’occhio, cacciando le specie native e provocando gravi danni all’ecosistema marittimo. La loro straordinaria voracità preoccupa gli scienziati. Un aumento senza controllo di pesci leone, infatti, potrebbe sterminare un gran numero di pesci autoctoni della barriera corallina.
Ma la causa principale dell’invasione sembra da imputare al mondo dell’acquariofilia. Nonostante il pericoloso veleno, il pesce leone è un grande favorito negli acquari di tutto il mondo. Gli appassionati acquistano questi pesci per il loro aspetto scenografico e gli splendidi colori. Poi, però, finiscono per liberarsene, rilasciandoli in mare aperto.
Una volta “sguinzagliato” in un nuovo habitat, il pesce leone si riproduce con velocità straordinaria. Questa specie è costantemente fertile e può accoppiarsi in qualsiasi periodo dell’anno. La femmina depone le uova in mare aperto, dove le maree le porteranno a schiudersi anche molto lontano.
L’allarme della California Academy of Science
Dopo l’invasione delle acque americane e caraibiche, il pesce leone è arrivato anche in Brasile. Una situazione che preoccupa molto gli scienziati della California Academy of Science. Le acque brasiliane infatti ospitano numerose specie uniche nel loro genere, che potrebbero diventare facile preda dei pesci leone. Le conseguenze sull’habitat e l’ecosistema potrebbero essere anche molto gravi.
A queste latitudini, inoltre, non esistono predatori in grado di limitare l’avanzata del pesce leone. Tranne uno; l’uomo. Da cui l’invito degli scienziati a pescare e cucinare gli esemplari di questa specie. Che, una volta rimosse le spine velenose, è assolutamente commestibile; proprio come i “cugini” scorfani.
Un’altra soluzione meno invasiva potrebbe essere un intervento sul sistema riproduttivo del pesce leone. Gli esperti caldeggiano l’utilizzo di strumenti per sterilizzare gli esemplari di Pterois Volitans o limitarne la fertilità. Riducendo le nuove nascite, spiegano ancora gli scienziati, sarà possibile tenere sotto controllo “l’invasione”.
Nel contempo, le prede avrebbero la possibilità di adattarsi all’introduzione dei nuovi predatori nel loro habitat. Sviluppando tecniche di difesa oppure nuove strategie di fuga. Impedire lo sterminio delle specie di pesci autoctone è una priorità assoluta. E la risposta potrebbe arrivare proprio dalle comunità di pescatori subacquei, ultima speranza del Brasile.
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