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La NASA punta a mantenere attiva la Stazione Spaziale Internazionale fino al 2030, ma ci sono diversi punti interrogativi e non vi è la certezza che ciò sarà possibile. Nel frattempo, l’agenzia ha anche innalzato il livello di rischio a causa di diverse piccole crepe presenti nella stazione. Ecco cosa dovranno affrontare la stazione e i suoi abitanti negli ultimi anni di vita della ISS.
La NASA vuole prolungare la vita della ISS
La NASA punta a mantenere la stazione spaziale internazionale in orbita fino al 2030, forse anche oltre. L’agenzia ha, infatti, precisato che il termine fissato è almeno del 2030, ma che la sua vita potrebbe essere prolungata anche oltre.
Tra i problemi principali che la ISS e la NASA dovranno affrontare per mantenere questo impegno, oltre agli ingenti danni strutturali dovuti all’usura e al tempo, ci sono gli accordi stabiliti con la Russia.
La Russia, infatti, si impegna a mantenere attivi gli accordi tra le agenzie spaziali fino al 2028, ma, al momento, non ci sono accordi per i due anni successivi. La Russia ha, in realtà, già minacciato di voler interrompere i rapporti proprio nel 2028, lasciando gli astronauti americani e europei senza Soyuz per i viaggi.
Ma perché la NASA vuole prolungare la vita della stazione spaziale fino al 2030 e anche oltre? La ISS non può essere dismessa fino a quando in orbita non ci sarà un’altra stazione permanente firmata USA. Il successore della ISS è il Lunar Gateway, che, salvo imprevisti, dovrebbe essere lanciato in orbita a partire dal 2028.
Se il Lunar Gateway non sarà pronto, per quando la stazione spaziale internazionale verrà dismessa, il rischio è quello che in orbita ci saranno stazioni russe e cinesi, ma nessuna americana ed europea.
I problemi alla struttura
Detto ciò, dobbiamo sapere che la stazione è una struttura vecchia, obsoleta e molto usurata dal tempo. Tutto ciò si ripercuote in danni strutturali con un rischio elevato per le missioni spaziali.
La struttura presente molte crepe con conseguente perdita d’aria. Il danno maggiore si trova nel modulo di servizio Zvezda, sul lato russo della stazione. Questo modulo fornisce energia, supporto vitale, trattamento delle acque, fonti per i sistemi di propulsione e porte di attracco per i cargo Progress e le astronavi Soyuz.
La struttura in questione è molto vecchia, risale agli anni ’80 ed era inizialmente destinata a una stazione spaziale russa poi riadattata per la ISS.
Come si può ridurre il danno
Alcune perdite sono state riparate, per altre è impossibile intervenire. I moduli sono vecchi e l’unica cosa possibile è cercare di ridurre il danno, perché ripararlo completamente è impossibile.
Una perdita d’aria è prevista per la stazione e dovrebbe essere di 0,3 chilogrammi di massa d’aria al giorno. In seguito ai danni riportati la perdita è aumentata drasticamente, arrivando, nel 2020, a 1,3 chilogrammi al giorno.
La NASA e Roscosmos sono riusciti a ridurre il danno, portandolo a 0,9 chilogrammi al giorno, comunque al di sopra dei limiti prefissati. Il problema, inoltre, è che la perdita non si è assestata, ma sta ricominciando a peggiorare.
Il piano di evacuazione della ISS
La cosa buona è che il danno sembra essere limitato all’ala russa della stazione, la quale può essere isolata. In questo modo, in caso di problemi, si potrebbe salvare la ISS, sebbene andrebbero perse delle risorse primarie e una porta d’attracco.
C’è poi il rischio che danni simili si verifichino anche in altre zone della stazione. Per questo la NASA addestra i propri astronauti con un piano di evacuazione.
Il piano di evacuazione prevede l’abbandono totale e repentino della stazione nel giro di poche ore. Si tratta di una probabilità remota, ma è pur sempre da tenere in considerazione visto che la struttura è ormai vicina al suo pensionamento.